Come recita il sottotitolo, lo studio di Heitsch è un'interpretazione dell'ottavo e ultimo libro dell'opera di Tucidide. Heitsch non intende mettere da parte la ben nota controversia relativa a questo libro tucidideo, che si inscrive nella più generale 'questione tucididea', ma privilegia un altro tema: cerca di comprendere su che cosa si fondi l'effetto che l'opera esercita ancor oggi sui lettori e che è descritto, in termini, per così dire, gorgiani, come "bedrückende Faszination" (V). La strada prescelta è quella di una lettura puntuale, in alcuni casi quasi una parafrasi (49: "meine Skizze dieser Darstellung", riferito alla descrizione degli eventi proposta da Tucidide in 8. 1-28) del testo al quale Heitsch pone una serie di domande, cercando di entrare nell'ottica dei lettori antichi.
La sezione introduttiva è divisa in due parti: la prima riguarda il nostro concetto di storia; la seconda vuole gettare uno sguarda sulla tradizione nella quale Tucidide si inserisce.
Tra i vari problemi che la prima parte discute vi è quello dell'insegnamento che si può trarre dalla conoscenza della storia. Chi crede nella possibilità di apprendere dalla storia, afferma Heitsch, deve supporre anche che la storia si ripeta (3). Su questo punto mi sembra opportuno precisare che la celebre formulazione tucididea di 1.22.4 parla di fatti che si verificano τοιούτων και, παραπλησίων, cioè di fatti dello stesso genere e accostabili, non di fatti identici. Ora, i paradigmi che Tucidide propone non sembrano essere troppo diversi, come dinamica, dai paradigmi interni alle tragedie che, come ho mostrato (L'emozione che insegna: parola persuasiva e paradigmi mitici in tragedia, "Sandalion", 26-28 (2003-2005) 61-103), non sono mai perfettamente sovrapponibili alla vicenda portata sulla scena, ma operano secondo quello che S. Goldhill definisce "play of difference" (S. Goldhill, Language, Sexuality, Narrative: the Oresteia, Cambridge 1984, 28), ovvero attraverso uno scarto che genera un guadagno conoscitivo. Insomma l'esemplarità di Tucidide nell'ambito politico-militare tende a sostituire gli antichi paradigmi proposti dall'epica e dalla tragedia, ma sfrutta lo stesso meccanismo della paradigmaticità e per certi versi lo stesso veicolo: l'impatto emotivo (per la tragedia vd. Gorg. fr. 23 D.-K. e Hel. 8-10; per Tucidide mi limito a segnalare 1. 23).
L'idea che una "scienza della storia" nasca con Tucidide (17), corrente a partire dal XIX secolo, è oggi sottoposta a revisione, nel tentativo di chiarire quali funzioni avesse lo studio del passato nel mondo antico e, d'altra parte, di superare i modelli organicistici per cui un genere o una scienza, dopo una fase di preparazione, raggiungono il loro apice e quindi declinano. Su questo vd. il mio Thucydides continued, in A. Rengakos - A. Tsakmakis (Edd.), A Companion to Thucydides, Leiden 2006, 691-719 e G. Schepens, Storiografia e letteratura antiquaria. Le scelte di Felix Jacoby, in C. Ampolo (a cura di), Aspetti dell'opera di F. Jacoby, Pisa 2006, 149-171.
La questione dell'assenza di discorsi diretti nel libro VIII è affrontata attraverso una serie di domande, che propongono varie possibili risposte. L'ultima di queste domande apre uno scenario meritevole di ulteriori indagini: che Tucidide dopo il disastro della spedizione siciliana, per raccontare eventi grigi e anonimi, abbia rinunciato allo splendore dei grandi discorsi diretti e abbia cercato nuovi mezzi di descrizione (22).
Sul versante dei personaggi, quello su cui si appunta in modo particolare l'attenzione di Heitsch è Alcibiade (vd., ad es., 52, 54), ma non mancano approfondimenti dedicati ai politici coinvolti nel colpo di stato oligarchico del 411.
Un'altra questione importante e dibattuta è quella dei documenti inseriti nel testo. Vd. su questo C. Bearzot, L'uso dei documenti in Tucidide, in A. M. Biraschi, P. Desideri, S. Roda, G. Zecchini (a cura di), L'uso dei documenti nella storiografia antica. Atti del Convegno di Gubbio, 22-24 maggio 2001, Napoli 2003, 265-314. Può essere utile a questo proposito esaminare il modo in cui Heitsch affronta il secondo trattato tra Sparta e la Persia. Il testo non farebbe alcuna reale concessione a Sparta, ma darebbe l'impressione di una completa uguaglianza di trattamento dei due contraenti (63). La contraddizione tra 8. 36, in cui si afferma che gli Spartani consideravano insoddisfacente il primo trattato e volevano stipularne uno nuovo, e il testo del secondo trattato porta Heitsch a ipotizzare o l'intervento di un redattore in 8. 36 s. oppure che, al momento di redigere 8. 36, Tucidide non fosse a conoscenza del testo del trattato (63). In realtà tra le ipotesi che si possono avanzare ne manca una, alla quale concederei qualche possibilità: che Tucidide abbia voluto presentare prima le intenzioni degli Spartani, poi il testo del trattato, dal quale risulta chiaramente come quelle intenzioni non hanno portato a risultati concreti. Questa ipotesi può essere corroborata da un'osservazione, del tutto condivisibile, relativa al terzo trattato, che contribuisce a spiegare la scelta tucididea di riportare il testo dei trattati: "So klar das alles ist, so ist doch die Eigenart einiger Formulierungen verständlich nur vor dem Hintergrund der entsprechenden Formulierungen der früheren Verträge" (92 s.). Il procedimento usato da Tucidide potrebbe quindi essere accostabile a quello, ben noto, dell'ironia tragica, dove la valutazione non è mai esplicita, ma emerge sempre dal confronto tra affermazioni dei personaggi e situazioni sceniche. In questo caso la valutazione emergerebbe dal confronto tra i testi dei trattati e tra le intenzioni degli Spartani e il risultato che hanno ottenuto (sulle motivazioni che possono aver spinto Tucidide alla citazione verbatim vd. anche Bearzot, op.cit., 278 s.).
Per quanto riguarda le fonti di Tucidide, un caso interessante è quello della notizia per cui Alcibiade sarebbe dovuto essere ucciso per ordine di Sparta. Heitsch definisce dapprima la notizia del tutto improbabile (73), per poi concludere con l'ipotesi che la condanna a morte non sia mai stata pronunciata (74). La possibilità, proposta in forma interrogativa, che vi sia una ripetizione di quello che Alcibiade aveva subito ad Atene, apre la strada alla discussione sulla fonte della notizia, che Heitsch identifica, credo correttamente, nell'ambiente dello stesso Alcibiade. Ma lascia aperta anche un'altra possibilità: che sia stato Tucidide a voler creare il parallelismo, avvalorando una notizia che risaliva ad Alcibiade e facendo di Alcibiade stesso un personaggio tragico, soggetto a un destino immutabile pur nel mutare delle situazioni.
L'importanza dei segnali che Tucidide ha disseminato nel testo viene spesso valorizzata da Heitsch, sia che si tratti di prese di distanza (ad es. 8. 89. 2 ὡς ἔφεσαν: 139) sia che si tratti della menzione di un personaggio in una serie (ad es. a proposito di 8. 68 evidenzia che Teramene è collocato in ultima posizione nei profili dei quattro capi dell'oligarchia e a lui è dedicato meno spazio che agli altri: 139 s.).
La bibliografia, non particolarmente ricca, è citata con parsimonia: ad Heitsch evidentemente non sta a cuore passare in rassegna in modo esaustivo la letteratura secondaria quanto piuttosto proporre la sua interpretazione del testo.
In conclusione, lo studio di Heitsch presenta indubbi motivi di interesse: affronta uno dei libri tucididei più problematici, cerca di coglierne i fili conduttori e di far risaltare gli avvenimenti e i personaggi che si muovono nel testo tucidideo. È una lettura critica di Tucidide che, al di là di singoli controversi nodi esegetici, interroga il testo aprendo prospettive spesso stimolanti.
Ernst Heitsch: Geschichte und Personen bei Thukydides. Eine Interpretation des achten Buches (= Beiträge zur Altertumskunde; Bd. 248), Berlin: De Gruyter 2007, X + 180 S., ISBN 978-3-11-020129-1, EUR 58,00
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