Il secondo volume di David Thomas dà seguito a quello con cui iniziava la pubblicazione dell'opera agiografica in versi di Enrico (Henry, Henricus) di Avranches, uno dei più brillanti poeti del XIV secolo, intellettuale itinerante (uno degli ultimi clerici vagantes degno di nota nel contesto europeo, come l'ha definito un editore), che si stabilì infine alla corte di Enrico III d'Inghilterra. Dal sovrano inglese il poeta venne tra l'altro retribuito per la composizione di alcune opere in versi, dopo aver servito 'professionalmente' tra le più illustri corti europee, non esclusa quella di Luigi IX di Francia e la curia papale di Gregorio IX. Le Vitae agiografiche in esametri qui raccolte sono state composte in larga parte tra il 1222 e il 1234 e sono considerate tra le opere migliori di Enrico. L'autore per la loro composizione ha in genere preso come riferimento un testo agiografico in prosa per ognuno dei santi e ha riscritto la sua fonte in esametri, dando prova di grande perizia tecnica e di fervida creatività.
In questo secondo volume vengono pubblicate quattro Vitae che raccontano in versi splendidi le vicende terrene di san Guthlac, san Fremondo (Fremund), san Edmondo (Edmund) e san Thomas Beckett. Ognuno dei testi è affiancato da una tradizione inglese in prosa ed è commentato nelle note che chiudono il libro, completato da una bibliografia essenziale e da un utilissimo indice dei nomi propri. I criteri di edizione sono stati spiegati nel primo volume: il testo di queste Vitae si basa sul ms. di Cambridge, University Library, Dd. XI. 78, un testimone particolarmente interessante non solo per la sua unicità, ma anche perché si tratta di un'antologia raccolta da Matthew Paris. L'edizione rispetta le abitudini grafiche medievali usate dall'amanuense del codice di riferimento, rispettandone anche le oscillazioni del suo modello. Ad esempio, viene così mantenuta la semiconsonante u, non resa come v, mentre il grafema w è stato normalizzato in uu, mentre non è stato invece uniformato l'uso di v, che ricorre occasionalmente nell'antologia di Matthew Paris e in questa edizione. Allo stesso modo sono stati mantenuti gli occasionali interscambi tra la grafia y e i, così come tra c per sc o sch prima di i, e sono state riprodotte le omissioni o le addizioni, irrispettose dell'ortografia classica, di h all'inizio di parola prima di vocale. Altre correzioni, come Cesus per sesus, sembrano invece esser guidate dalla volontà di sovvenire il lettore di fronte a grafie poco usuali.
Vista l'autorevole testimonianza del codice cantabrigense, l'editore si è limitato quindi a correggere gli errori palesi del copista, in qualche raro caso facendo ricorso per quanto riguarda la Vita di Fremondo e quella di Edmondo, alle edizioni di Francis Hervey del 1907 e del 1925 o, per la Vita di Thomas Beckett, all'edizione di Josiah Cox Russell del 1928. Per la maggior parte si tratta di emendamenti agevoli (come retro per rotro), ma alcune correzioni mostrano la qualità del lavoro dell'editore, come la restituzione del nome Egburga (o Egburge) per Egbertus (Egberto). Sono solo due i casi in cui l'editore non è riuscito a porre rimedio all'evidente corruttela del codice di riferimento.
Le vitae raccolte in questo volume riguardano quattro santi particolarmente importanti per la cultura e la storia anglosassone. La Vita di san Guthlac eremita riprende molti temi cari alla letteratura delle Vitae patrum e in particolare alla Vita Antonii di Atanasio, come le tentazioni e le visioni demoniache, durante le quali viene trasportato corpo tra le nubi sovrastanti il polo e davanti alle fauci dell'inferno. La Vita di san Fremondo martire nella rielaborazione di Enrico ha molti tratti in comune con quella di Guthlac e con quella di san Edmondo re di Anglia: di stirpe reale, erede al trono di Mercia, numerosi prodigi precedono e accompagnano la nascita di Fremondo. Dopo poco tempo, diciotto mesi, però lascerà il trono e la vita attiva per dedicarsi alla contemplazione eremitica per sette anni in un'isola deserta al largo delle coste inglesi. A causa dell'invasione di un esercito nemico, qui i Parti pagani guidati dai perfidi Hinguar e Hubba, già assassini di re Edmondo, viene richiamato e alla guida di un pugno di eroici soldati stermina quarantamila nemici, ma viene ucciso da un traditore. Il suo corpo verrà ritrovato e traslato più tardi, procurando miracoli esemplari. La Vita di Edmondo, re dell'East Anglia, racconta appunto la morte del monarca per mano dei Danesi Hinguar e Hubba, ma anche come la sua tomba e la sua memoria avranno una parte importante nella storia religiosa dell'isola, a partire dal ritrovamento del corpo intatto e della traslazione, onorate da un fiorire di miracoli. La personalità storica e la figura agiografica di Thomas Beckett (1118-1170) travalicano ovviamente i confini geografici delle isole britanniche. Ucciso nei contrasti con la monarchia inglese, il suo martirio fu da sempre esemplare nella lotte tra potere spirituale e potere secolare.
Enrico stesso è consapevole dell'importanza della Vita, richiamando nelle prime righe i suoi tre protettori (Thomas stesso, papa Innocenzo III e Stefano Langton, arcivescovo di Canterbury) e la riconciliazione di re Giovanni con la Chiesa e la rimozione dell'interdetto che aveva colpito l'Inghilterra. I due volumi di David Townsend hanno dunque il grande merito di rinnovare l'attenzione verso uno dei principali poeti del Basso Medioevo e verso una parte importante - forse la più importante - della sua opera poetica.
David Townsend (ed.): Saints' Lives, Volume II. Henry of Avranches (= Dumbarton Oaks Medieval Library), Cambridge, MA / London: Harvard University Press 2014, 301 S., ISBN 978-0-674-72865-3, USD 29,95
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