Richard J. A. Talbert: Rome's World. The Peutinger Map Reconsidered, Cambridge: Cambridge University Press 2010, XVIII + 357 S., 33 s/w-Abb., ISBN 978-0-521-76480-3, GBP 50,00
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La Tabula Peutingeriana è un singolare documento conservato a Wien presso la Österreichische Nationalbibliothek. Si tratta della copia medioevale di un'antica mappa sulla quale è rappresentato il mondo abitato conosciuto in epoca romana, con una peculiare attenzione per la riproduzione della rete stradale e degli insediamenti ad essa connessi. La sua singolarità è determinata dal supporto al quale la mappa si adatta, costituito da un rotolo lungo circa 672 cm e largo circa 33 cm, realizzato unendo tra loro 11 fogli di pergamena. La mappa è orientata con il nord verso l'alto e, pertanto, l'ecumene appare estremamente allungata da ovest a est e appiattita da nord a sud. La rappresentazione è incompleta, in quanto manca una porzione consistente delle regioni occidentali. L'aspetto inusuale e la scomparsa quasi totale della documentazione riguardante la cartografia antica fanno della Tabula un documento unico e di valore straordinario per la comprensione della visione e della rappresentazione del mondo in epoca romana e per la storia della cartografia in generale.
Non stupisce, pertanto, che uno dei maggiori studiosi contemporanei della geografia antica, Richard Talbert, abbia dedicato alla Tabula Peutingeriana la propria attenzione. Il volume a stampa rappresenta solo una parte dell'opera di Talbert e di alcuni suoi collaboratori, che comprende anche una ricca sezione di contenuti resi disponibili online (http://www.cambridge.org/us/talbert/), consistenti in riproduzioni della Tabula, in elaborazioni realizzate sulla base del Barrington Atlas [1] e in un database che comprende ogni elemento presente sulla mappa.
Dopo alcune pagine introduttive (XIII-XIV; 1-9), il primo capitolo costituisce probabilmente il contributo più ampio e dettagliato dedicato alla storia moderna della Tabula (10-72), a partire dalla sua scoperta per opera di Conrad Celtis, attorno al 1500, attraverso le varie edizioni, fino agli studi più recenti. Nonostante siano state formulate varie ipotesi in proposito, Talbert ammette l'impossibilità di stabilire alcuni punti importanti, come il luogo e il momento in cui Celtis rinvenne la mappa, che poi affidò a Conrad Peutinger affinché fosse pubblicata.
Il secondo capitolo è sostanzialmente opera di Martin Steinmann (73-85), che affronta alcuni aspetti specifici, come la condizione materiale, lo stato di conservazione e le caratteristiche paleografiche della Tabula. Egli ricostruisce la sequenza con la quale la copia fu realizzata: dopo la preparazione del supporto furono copiati gli elementi idrografici, colorati di verde, i fiumi principali, i mari e i laghi; furono poi aggiunte le montagne e le città più importanti, caratterizzate da elaborate vignette; quindi furono tracciate con inchiostro rosso le vie di collegamento tra le città. Secondo Steinmann, l'unitarietà dell'opera suggerirebbe che fosse stata realizzata da un singolo copista. La presenza di alcune parti non completate e l'assenza di correzioni indicano che il lavoro non fu rivisto. Le caratteristiche della scrittura, a metà strada tra la minuscola Carolingia e la scrittura gotica, inducono a datare la realizzazione della copia attorno al 1200.
Il terzo capitolo è dedicato a un attento e innovativo esame del disegno e delle caratteristiche presentate della Tabula, al fine di desumere e ricostruire il possibile aspetto dell'originale (86-122). Talbert sostiene l'ipotesi suggestiva che originariamente la porzione mancante sul lato sinistro della mappa non comprendesse lo spazio di un unico foglio di pergamena, come ipotizzato da Konrad Miller [2], ma equivalesse a circa tre fogli. La rappresentazione della penisola iberica e delle isole britanniche, infatti, sulla base degli elementi superstiti sembrerebbe troppo ampia per essere limitata a un unico foglio. Inoltre, egli ritiene probabile che all'inizio del rotolo comparissero il titolo, la dedica e forse un indice dei luoghi principali. L'intero documento avrebbe così potuto avere una lunghezza di circa 860 cm e la città di Roma, posta sull'estremità destra del quarto foglio superstite, si sarebbe trovata quasi geometricamente al centro dell'intero documento, con un forte valore simbolico e propagandistico. La scelta di attribuire un ruolo centrale a Roma e all'Italia, allungata su ben cinque segmenti, avrebbe indotto l'autore della mappa a comprimere altre regioni, a ridurre gli spazi marini e ad avvicinare o allontanare tra loro luoghi e insediamenti. Ritenendo che la copia rifletta abbastanza coerentemente l'originale, Talbert si sofferma ad analizzare le possibili scelte operate dal cartografo nell'orientamento, nella scala, nell'uso dei colori, nella tipologia delle linee, delle lettere e dei numerali. Discute poi degli elementi costitutivi, quali le linee di costa, i corsi d'acqua, i laghi e i mari, le isole, i monti, i nomi di popolo e di regione. Uno spazio ampio è dedicato all'esame della rete viaria e degli insediamenti, caratterizzati da una vasta gamma di simbologie, che hanno indotto molti studiosi a individuare nella carta una finalità pratica rivolta ai viaggiatori e agli amministratori. Secondo Talbert la rete viaria non costituirebbe affatto la base della mappa, che risponderebbe a esigenze ideologiche più complesse.
Nel quarto capitolo (123-132) Talbert tenta di chiarire quali siano state le modificazioni intercorse tra il momento in cui fu realizzato l'originale e la composizione della copia, suggerendo che nel corso dei secoli siano esistite differenti copie intermedie durante la cui redazione, tuttavia, non sarebbe stata modificata la struttura generale della mappa. Tra le piccole variazioni sono segnalate la conservazione di alcuni elementi anacronistici (le città campane sepolte dall'eruzione del Vesuvio; la provincia di Dacia, abbandonata con Aureliano) e l'aggiunta di elementi che assunsero un rilievo solo in epoca tardoantica, come le vignette riguardanti Costantinopoli (fondata nel 324), Antiochia e alcuni altri centri.
Sulla base di queste analisi, nel quinto capitolo (133-157), pure ammettendo la mancanza di prove decisive, Talbert presenta alcune osservazioni e ipotesi concernenti la natura e il significato della mappa. In particolare, egli ritiene che il documento originale possa essere datato all'epoca tetrarchica, attorno al 300, e che sia il frutto dell'attività di un gruppo di lavoro, più che di un singolo individuo. La mappa, nella sua concezione complessiva, sarebbe una realizzazione pienamente originale, anche se l'autore avrebbe attinto a varie fonti, tra cui mappe regionali, mappe a più ampia scala, testi e liste di luoghi e di distanze itinerarie. Nella suggestiva ricostruzione di Talbert, la mappa, realizzata per rappresentare l'intero orbis terrarum sotto l'influenza romana, avrebbe fatto parte del complesso apparato celebrativo destinato a incorniciare la figura dell'imperatore, assisa in trono nello spazio fisico costituito dall'abside dell'aula del palazzo imperiale.
Alcune pagine conclusive sono dedicate alla relazione tra la cartografia classica e la mappa, all'esistenza di altri esemplari, documentata dalla carta copiata a Padova da Pellegrino Prisciani, e alla possibile influenza esercitata sulla cartografia medioevale (158-172).
La seconda parte del volume comprende numerose appendici dedicate alle riproduzioni realizzate da Marcus Welser (173-174) e da Valentin Vodnik (175-188), alla ricostruzione operata da Miller (189-192), a un frammento erroneamente attribuito in passato alla Tabula, alla guida per l'utilizzo del database e delle mappe visionabili online (196-202), alla trascrizione dell'Itinerarium Antonini e dell'Itinerarium Burdigalense (203-286). Il volume termina con l'apparato di note (287-331), una ricca bibliografia (333-345) e l'indice dei nomi e dei luoghi (347-357).
Lo studio di Talbert è estremamente documentato e arricchito dall'associazione con le risorse online. In particolare, l'A. ha il merito di condurre un discorso complessivo che tiene conto dell'intera vicenda dello straordinario documento, evidenziandone aspetti rilevanti e utili anche per comprendere meglio la natura del documento originario e delle possibili variazioni introdotte nel processo di copiatura. In questo senso, è importante il lavoro di analisi delle caratteristiche della copia, che conduce a risultati innovativi nella percezione dell'originale. Ovviamente, Talbert è consapevole di avanzare su un terreno pieno di insidie. Pertanto, le sue proposte sono formulate con estrema cautela ma sono certamente destinate a stimolare un ricco dibattito. È il caso dell'ipotesi di una più ampia estensione della lacuna iniziale, fondata pragmaticamente sulle dimensioni delle lettere e dei riferimenti presenti sulla mappa, ma anche sul presupposto che l'autore intendesse porre Roma al centro della rappresentazione. Si rivela così la natura "politica" della mappa, ma rimane da spiegare la scelta del suo autore di affidare alla rete stradale il ruolo di ossatura della rappresentazione e la conseguente minuziosa attenzione a essa prestata, bene illustrata dal parziale confronto con l'Itinerarium Antonini e l'Itinerarium Burdigalense proposto nella Tabella 1 (158-161) [3]. Altrettanto complicata è la questione della datazione dell'originale. Numerosi indizi consentono di attribuire all'età tetrarchica una fase di elaborazione del documento, ma non sembrano sufficienti per affermare che si tratti del momento della sua creazione. La stratificazione di elementi più antichi e più recenti e l'utilizzo di fonti di natura differente non favoriscono certo il compito dello studioso.
In questa direzione, il volume di Talbert non solo offre idee e proposte stimolanti, ma fornisce anche nuovi strumenti per affrontare lo studio della Tabula Peutingeriana da prospettive fino ad oggi poco esplorate.
Note:
[1] R. Talbert (ed.): Barrington Atlas of the Greek and Roman World, Princeton 2000.
[2] K. Miller: Mappaemundi. Die ältesten Weltkarten, VI, Stuttgart, Roth, 1898.
[3] La tabella è ripresa da M. Calzolari: Ricerche sugli itinerari romani. L'Itinerarium Burdigalense, in Studi in onore di Nereo Alfieri, 'Atti dell'Accademia delle Scienze di Ferrara', 74, Supplemento, 1997, 127-189.
Stefano Magnani