Rezension über:

Giuseppe Squillace: Menecrate di Siracusa. Un medico del IV secolo a.C. tra Sicilia, Grecia e Macedonia (= SPUDASMATA. Studien zur Klassischen Philologie und ihren Grenzgebieten; Bd. 141), Hildesheim: Olms 2012, 250 S., ISBN 978-3-487-14738-3, EUR 39,80
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Rezension von:
Gabriele Marasco
Dipartimento di Istituzioni linguistico-letterarie, comunicazionali e storico-giuridiche dell'Europa (DISTU), Università degli Studi della Tuscia, Viterbo
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Gabriele Marasco: Rezension von: Giuseppe Squillace: Menecrate di Siracusa. Un medico del IV secolo a.C. tra Sicilia, Grecia e Macedonia, Hildesheim: Olms 2012, in: sehepunkte 12 (2012), Nr. 5 [15.05.2012], URL: https://www.sehepunkte.de
/2012/05/21361.html


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Giuseppe Squillace: Menecrate di Siracusa

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Menecrate di Siracusa è uno fra i personaggi più curiosi dell'antichità greca. Vissuto nel IV secolo a.C., egli si distinse particolarmente per l'abilità ed i successi nel campo medico, ma resta caratterizzato, nell'immaginario e nella tradizione degli studi, da alcune iniziative estemporanee, che appaiono in bilico fra 'Gottmenschentum' e pittoresco, in particolare l'equiparazione di se stesso con Zeus e dei suoi pazienti guariti con altre divinità, attuata con una messa in scena esteriore fortemente teatrale, tale da impressionare il pubblico. La monografia di Squillace ha il merito d'aver cercato di ricondurre ad un'unità questa curiosa figura, ricomponendo il mosaico delle testimonianze e dei frammenti: essa si apre con un'introduzione (9-17) che fa il punto della duplice tradizione antica, quella erudita che delineava il personaggio dal punto di vista della storia delle religioni, e quella medica, che invece si accentrava sui suoi meriti professionali, e dei riflessi di questa netta dicotomia sugli studi moderni.

In mancanza di dati diretti sulla formazione di Menecrate, Squillace delinea l'ambiente in cui egli visse, mettendo in luce la vivacità della vita culturale a Siracusa a quel tempo, in particolare nel campo medico, grazie soprattutto all'attività dei Pitagorici. Questo quadro mi sembra prezioso anche perché, attraverso l'elencazione dei numerosi artisti, filosofi e letterati presenti a Siracusa, dà ragione della dimensione internazionale dell'attività e, con ogni evidenza, della stessa formazione di Menecrate, che furono elemento distintivo della sua figura. Squillace esamina inoltre i precedenti della divinizzazione, fenomeno che sembra essere stato ben conosciuto soprattutto alla corte dei Dionisii; egli (35-36) mette comunque giustamente in luce fin dall'inizio il fatto che l'equiparazione con Zeus non fu inventata da Menecrate, ma fu un tributo di contemporanei ammiratori, da lui semplicemente accettato.

Nei capitoli successivi Squillace esamina dapprima le testimonianze sui pazienti di Menecrate, notandone l'elevato livello sociale, quindi gli scambi epistolari con i sovrani. Dopo aver delineato la problematica relativa a questo genere letterario, in particolare riguardo all'autenticità, egli analizza lo scambio di lettere con Agesilao, alla luce sia dei rapporti di quest'ultimo con Siracusa, sia del suo atteggiamento religioso, concludendo che entrambi questi elementi rendono del tutto plausibili i rapporti epistolari e la risposta a Menecrate (58-61). Squillace (65-85), mediante confronti con la commedia attica, formula l'ipotesi che il contenuto della lettera di Menecrate a Filippo e il racconto del banchetto alla corte macedone siano invece frutto dell'invenzione dei comici.

Quanto ai rapporti con Filippo, mi sembra comunque lecito ritenere che il viaggio di Menecrate alla corte di Macedonia fosse legato alla cura di Alessarco. Questi infatti aveva una posizione di rilievo a corte, in quanto figlio di Antipatro ed, essendo nato intorno al 350, era un ragazzo ancora all'epoca della morte di Filippo; se ne può dedurre che Menecrate fosse stato invitato in Macedonia per curarlo e che l'esito felice delle terapie abbia fornito l'occasione per un prolungamento del suo soggiorno e per i rapporti con il re macedone.

Squillace (87-94) esamina quindi le teorie mediche di Menecrate, attestate dall'Anonymus Londinenis, confrontandole con alcuni scritti del Corpus Hippocraticum, e conclude che il siracusano aveva attinto un livello speculativo che gli consentiva di formulare ipotesi proprie sulla natura dei corpi e sulle cause di alcune malattie. Segue un'ampia parte (101-169), in cui Squillace raccoglie le testimonianze ed i frammenti relativi a Menecrate ed ai suoi allievi, corredandoli con la traduzione e con un commento puntuale ed esauriente, basato su una bibliografia accurata e aggiornata.

Il libro costituisce un completo studio di un personaggio di notevole interesse, che ha il merito di aver voluto ricomporne i due aspetti salienti e rivalutarne l'importanza come medico. D'altra parte, se la figura di Menecrate può apparire curiosa per le sue manie, converrà a mio avviso riflettere sulla sua staordinaria fortuna, attestata non solo dagli onori divini resigli da altri, ma anche dalle personalità dei suoi pazienti, dai rapporti con i re spartani e dall'accoglienza alla corte di Filippo; circostanze tutte che attestano il rispetto e la stima di cui godeva la professione medica già pochi decenni dopo la figura carsimatica di Ippocrate.

Gabriele Marasco