Franca Landucci Gattinoni: Filippo re dei Macedoni, Bologna: il Mulino 2012, 161 S., ISBN 978-88-15-23717-0, EUR 14,00
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Il volume di Franca Landucci Gattinoni, autrice di numerose pubblicazioni su temi relativi alla Macedonia antica e all'età ellenistica, torna sulla figura di Filippo II di Macedonia (382-336 a.C.) che negli ultimi anni ha suscitato nuovamente l'attenzione degli studiosi in lavori monografici (Ian Worthington, Philip II of Macedonia. New Haven/London 2008; G. Squillace, Filippo il Macedone, Roma-Bari 2009; R.A. Gabriel, Philip II of Macedon: greater than Alexander, Washington 2010), opere collettanee (Joseph Roisman, Ian Worthington (eds.), A Companion to Ancient Macedonia. Blackwell Companions to the Ancient World. Ancient History, Chichester - Malden, MA 2010), convegni (E. Carney, D. Ogden (eds.), Philip II and Alexander the Great. Father and son, lives and afterlives, Clemson, South Caroline (USA), 2008, Oxford-New York, 2010), pubblicazioni da lezioni universitarie di grandi maestri (G. De Sanctis, Filippo e Alessandro: dal regno macedone alla monarchi universale, lezioni universitarie a.a. 1949-1950, a cura di M. Berti e V. Costa, Tivoli 2011). Il volume presenta un taglio divulgativo evidenziato dalle traduzioni in italiano dei testi antichi ma anche dalla presenza di una tavola cronologica finale, cartine geografiche, schede topografiche, un albero genealogico della dinastia dei Temenidi/Argeadi, uno schema della falange. Ciò non sminuisce certamente il valore scientifico del testo nel quale l'Autrice, basandosi su un'analisi critica delle fonti antiche e sulla discussione puntuale dei più recenti contributi bibliografici, solleva e affronta i principali problemi relativi alla monarchia macedone nonché ad alcuni momenti del regno di Filippo.
Apre il lavoro proprio il problema delle fonti, in un capitolo, il primo, che si configura anche come un'introduzione di carattere metodologico. Le poche testimonianze disponibili sul regno di Filippo provengono da storici la cui opera è pervenuta in frammenti, da fonti tarde come Diodoro Siculo e Giustino, da lessici di epoca bizantina come la Suda, ma soprattutto da autori che, pur contemporanei del re, presentano un'ottica chiaramente di parte sbilanciata in senso antimacedone (Demostene) o filomacedone (Eschine, Isocrate, Speusippo). Testi, questi ultimi, che, rileva l'Autrice, "non sono opere storiche ma retoriche, che hanno come scopo finale la persuasione di un pubblico su una tesi costruita a priori: in esse dunque non possono mai mancare manipolazioni, tendenziosità e censure che gli autori giudicavano utili ai fini del raggiungimento dei propri obiettivi" (13). Alle fonti letterarie si aggiungono alcuni testi epigrafici, le testimonianze numismatiche e soprattutto le fonti archeologiche dalle quali negli ultimi decenni sono arrivati importanti nuovi dati.
Dopo avere descritto le caratteristiche geografiche della Macedonia antica e dato un quadro delle istituzioni del regno macedone (25-40), l'Autrice affronta lo spinoso problema relativo alla presunta grecità dei re rilevando che "nel V secolo ad Atene era già stabilizzata una tradizione che tendeva a "ellenizzare" la casa reale macedone, con elementi di propaganda che non sembrano trovare conferme storiche indipendenti" (43). I temi sviluppati nei primi due capitoli pongono le basi per una completa e analitica trattazione del regno di Filippo sul quale verte la restante parte del volume (capitoli III-V, 51-135). Nell'introdurne la figura, l'Autrice evidenzia innanzitutto quando avesse influito sulla formazione del principe e sulle sue future scelte in campo militare il soggiorno forzato come ostaggio a Tebe e la vicinanza al generale Epaminonda esperto di strategia militare. Di questo apprendistato si colgono i segni nonché i risultati nelle prime azioni di Filippo che, rientrato in Macedonia, pur non essendo ancora re, avrebbe cominciato "ad addestrare truppe in maniera assolutamente innovativa rispetto al tradizionale standard macedone" (56). Salito al potere tra il 360 e il 359 a.C., come re o come tutor del nipote Aminta (sulla base degli inconciliabili resoconti di Diodoro e Giustino, l'Autrice non ritiene possano trovare soluzione le due questioni ampiamente dibattute relative alla cronologia e all'iniziale ruolo rivestito dal nuovo sovrano, 56-58), Filippo si adoperò fin da subito per mettere in sicurezza il regno minacciato dai popoli vicini, rafforzarlo militarmente, renderlo economicamente solido: un progetto perseguito con lucidità e coerenza attraverso la riforma militare e la creazione della falange; la vittoria sugli Illiri (358 a.C.); la conquista di alcune città greche della costa come Pidna e Metone (357-355 a.C.); la presa di città ricche o strategicamente rilevanti come Anfipoli, Potidea e Crenide/Filippi (357-356 a.C.); l'inserimento e il successo nella III Guerra Sacra (354-346 a.C.); la conquista di Olinto (348 a.C.); la presa e la riorganizzazione politica delle Tessaglia (344 a.C.); le campagne in Tracia e il controllo dell'Epiro sul quale impose come re il cognato Alessandro il Molosso (343 a.C.); il controllo attraverso i suoi sostenitori di diverse città del Peloponneso (dal 345 in poi). La vittoria di Filippo a Cheronea (338 a.C.) contro la coalizione guidata da Atene e Tebe sancì il predominio sui Greci, che dovettero legarsi al re attraverso la lega di Corinto in vista di una spedizione contro i Persiani.
"Il mondo, dopo il regno di Filippo, non fu mai più lo stesso" (135), sottolinea giustamente Franca Landucci Gattinoni a chiusura del volume: epigrafe, questa, efficace a sottolineare quanto l'azione del re macedone, morto inopinatamente nel 336 a.C. sotto i colpi della spada di Pausania, avesse cambiato per sempre il mondo greco e preparato il terreno per la grande spedizione in Asia contro i Persiani. Fattosi spazio attraverso l'esercito, la diplomazia e il denaro, Filippo seppe riorganizzare le comunità greche intorno alla sua persona ponendo fine al mondo delle poleis da tempo in crisi e aprendo così una nuova epoca. Anche se a condurre vittoriosamente la spedizione contro i Persiani sarebbe stato suo figlio Alessandro Magno che con indubbia abilità seppe prendere le redini del regno e condurre Macedoni e Greci alla vittoria contro il barbaro, tuttavia i meriti di Filippo rimanevano inalterati. Nonostante il tentativo di cancellarne il ricordo presentandosi come figlio di Zeus Ammone e di ridimensionarne e sminuirne il valore, Alessandro non sarebbe mai riuscito a liberarsi completamente della pesante eredità paterna: almeno per i veterani Filippo continuava a rimanere un esempio insuperabile di re.
Giuseppe Squillace