George W. Houston: Inside Roman Libraries. Book Collections and Their Management in Antiquity (= Studies in the History of Greece and Rome), Chapel Hill, NC / London: University of North Carolina Press 2014, XVIII + 327 S., 13 Abb., ISBN 978-1-4696-1780-0, USD 68,00
Inhaltsverzeichnis dieses Buches
Buch im KVK suchen
Bitte geben Sie beim Zitieren dieser Rezension die exakte URL und das Datum Ihres Besuchs dieser Online-Adresse an.
Nel corso dell'ultimo decennio gli studi su libri e biblioteche in Grecia e a Roma hanno conosciuto una significativa fioritura, a livello internazionale, nell'ambito di un rinnovato interesse nei confronti dello studio delle pratiche di lettura e di scrittura nel mondo antico, anche sulla scia di nuove scoperte e recuperi testuali, che hanno consentito di ampliare significativamente la documentazione superstite (si pensi solo, per citare un caso celebre, al rinvenimento del trattato De indolentia di Galeno, particolarmente ricco di informazioni sul collezionismo librario a Roma in età imperiale). In questo panorama articolato, in cui nuovi tentativi di sintesi si intrecciano e scontrano con indagini sempre più analiticamente selettive, [1] il volume di Houston si segnala non solo per la ricchezza dei materiali utilizzati, ma più ancora per l'eclettismo metodologico, per la volontà cioè di utilizzare, in una ricostruzione unitaria, fonti tipologicamente diverse, e per questo di solito indagate separatamente.
Un rapido esame dei contenuti del volume aiuterà a comprendere meglio le caratteristiche del lavoro svolto dall'autore. Lo scopo dichiarato dell'opera è fornire una ricostruzione dei meccanismi del collezionismo librario, pubblico e privato, nel mondo greco-romano e delle modalità di gestione delle raccolte librarie. Dopo un'introduzione generale sulle caratteristiche dei rotoli librari greci e latini, nel primo capitolo viene affrontato il problema delle diverse modalità che potevano portare all'allestimento di una collezione di libri (trascrizioni commissionate o effettuate di proprio pugno, acquisti, doni, prestiti...), utilizzando essenzialmente fonti letterarie (senza distinzioni tra mondo greco e mondo latino e in un arco cronologico tra l'età di Cesare e l'età degli Antonini). Nel secondo capitolo il quadro proposto viene confrontato con quello desumibile dall'esame di una serie di liste di libri leggibili su papiri grecoegizi, documenti ben noti ai papirologi, di cui si fornisce, in ogni caso, una sintesi più agevole: viene proposta così una prima verifica materiale, per quanto indiretta, della ricchezza libraria che doveva caratterizzare persino centri periferici del mondo antico. Il confronto tra fonti e testimonianze papirologiche viene ulteriormente approfondito nei capp. 3 e 4, dedicati rispettivamente allo studio della collezione di libri epicurei trovata nella cosiddetta Villa dei Papiri di Ercolano e a due gruppi di testi letterari rinvenuti in uno stesso cumulo di detriti di Ossirinco (il ben noto kom Ali Gamman), che l'autore ritiene rappresentino i resti di due diverse biblioteche private. L'analisi di Houston è finalizzata, in primo luogo, alla ricostruzione della fisionomia delle raccolte, ma non esita ad addentrarsi nel problema relativo alla possibile identità dei loro proprietari e lettori. Nel caso dei libri di Ercolano, in particolare, l'autore valorizza studi recenti, che spostano la datazione della Villa agli inizi del I secolo d. C., mettendo in discussione, dunque, la sua appartenenza a Lucio Calpurnio Pisone: Filodemo, in quest'ottica, non avrebbe potuto lavorare alle sue opere in quel luogo e più in generale la collezione libraria che le comprende sarebbe stata allestita in un altro contesto, forse a Roma, e portata ad Ercolano solo in seguito.
Ancor più complesso risulta il caso delle 'biblioteche' ossirinchite: Houston, in considerazione anche del contenuto dei rotoli (opere spesso così rare da non essere altrimenti tramandate), ipotizza che si trattasse di biblioteche di alta cultura, e, partendo da un esame di alcuni documenti provenienti dallo stesso contesto, riprende l'idea che il gruppo più cospicuo di frammenti appartenesse alla famiglia di Sarapione alias Apolloniano, stratega dell'Arsinoite tra il 207 e il 210.
Nei capitoli successivi testimonianze letterarie, papirologiche, epigrafiche ed evidenze archeologiche sono indagate per delineare le componenti 'logistiche' delle collezioni: le modalità di conservazione dei libri e la struttura degli spazi in cui erano depositati, con attenzione specifica ad edifici significativi, come la biblioteca di Efeso o di Timgad (capitolo 5); la fisionomia del personale addetto alla loro gestione, dai glutinatores ai responsabili delle biblioteche imperiali (capitolo 6). Ancora una volta, colpisce la lucidità della sintesi proposta. Houston prova a descrivere la realtà quotidiana dei lettori antichi, ponendosi interrogativi specifici ma suggestivi: dove si trovavano fisicamente i libri e come venivano individuati? Quanta luce c'era negli edifici adibiti a biblioteche? Che tipo di arredi contenevano? E un simile procedimento argomentativo continua ad accompagnare il lettore anche nelle pagine dedicate alla gestione delle collezioni librarie, caratterizzate dal duplice sforzo di delineare le diverse 'professionalità' necessarie e correlare a biblioteche variamente attestate (ad es., quella del tempio di Apollo sul Palatino) testimonianze sull'attività di determinati individui: in questa prospettiva, si segnala la messa a punto sulle funzioni dei procuratores bibliothecarum di nomina imperiale, con esame delle testimonianze epigrafiche pertinenti.
Il volume è corredato - oltre che da indici - da tre appendici: una riedizione (con traduzione inglese e commento) delle cinque liste librarie su papiro più lunghe; una checklist dei rotoli rinvenuti nella Villa dei papiri; un catalogo dei rotoli letterari dal kom Ali Gamman riferibili alla potenziale biblioteca di Sarapione.
Come emerge chiaramente anche solo da questa scarna esposizione, i materiali addotti, la capacità di spaziare tra contesti diversi (dall'Egitto all'Italia, dall'Asia Minore all'Algeria), la chiarezza argomentativa fanno di quest'opera un punto di partenza aggiornato e significativo per qualsiasi indagine ulteriore su libri e biblioteche nell'antichità. Ma le questioni aperte restano ancora molte, e tali da richiedere ulteriori riflessioni e una discussione più approfondita dei dati, specialmente di fronte a materiali complessi come i reperti papiracei, per di più troppo spesso decontestualizzati o di difficile contestualizzazione.
Houston, ad esempio, non esita ad includere nella raccolta libraria ossirinchita ipoteticamente attribuita a Sarapione alias Apolloniano tutti i papiri letterari rinvenuti da Evaristo Breccia nel 1932, portando sino alle estreme conseguenze le conclusioni già avanzate da Alberto Ciampi sulla base di un esame della (scarna) documentazione archivistica superstite. Tuttavia, se si considerano le travagliate vicende di quella campagna (gli italiani furono sostanzialmente costretti, prima di procedere con lo scavo, a smontare la sommità del kom per spostare la tomba di un santone locale, quell'Ali Gamman da cui la collinetta prendeva il nome), appare evidente il rischio che affermazioni troppo categoriche possano risultare difficilmente sostenibili o persino falsanti: in situazioni di questo genere, è inevitabile che si verifichino perturbazioni negli strati archeologici tali da confondere tra di loro materiali originariamente separati; e non a caso altre ricostruzioni proposte risultano o molto più restrittive (Kathleen McNamee, in un analogo tentativo, esclude quasi del tutto i rotoli trovati dalla missione fiorentina) [2] o ancora più inclusive (Ciampi, ad esempio, riferisce alla biblioteca anche volumina pubblicati in P. Oxy. XVIII, tra cui in particolare i rotoli di Eschilo vergati dal cosiddetto scriba 'A 3'). [3]
Le pagine dedicate all'argomento, in ogni caso, hanno il merito di mostrare il rilievo storico-culturale di ricostruzioni che altrimenti rischierebbero di essere relegate a mero divertissement antiquario, esortando implicitamente i papirologi militanti a completare il puzzle con ulteriori tasselli. Ad esempio, le ricostruzioni di Houston - anche in considerazione degli obiettivi dichiarati del volume - non si addentrano in un esame delle caratteristiche paratestuali e paleografiche dei rotoli riferiti alle diverse raccolte, limitandosi per lo più a riportare le indicazioni degli editori, ormai spesso inadeguate: analisi focalizzate su questi elementi, invece, rappresentano la strada principale per delineare la fisionomia delle diverse raccolte, fornendo indizi di primaria importanza sulla datazione dei libri, sulla loro 'qualità' e funzione (libri da lavoro, da apparato, da studio...) e, dunque, sui loro presumibili lettori.
E forse proprio ripartire dai libri per arrivare ai lettori rappresenta il passo successivo verso una piena comprensione delle dinamiche "all'interno" delle biblioteche romane: non solo degli aspetti squisitamente gestionali, ma delle pratiche culturali a cui rispondevano, dell'orizzonte sociale che ne aveva determinato lo sviluppo, del loro senso storico più profondo. Di questo ulteriore percorso le pagine di Houston - pur con le eventuali divergenze rispetto ad altre ricostruzioni - rappresentano un necessario presupposto.
Note:
[1] Un tentativo di riordinare la complessa bibliografia su queste tematiche si può leggere nel supplemento bibliografico di R. Otranto all'edizione italiana di H. Blank: "Il libro nel mondo antico", Bari 2008, 305-329, e in: S. S. Werner: "Literacy Studies in Classics, The Last Twenty Years", in W. A. Johnson / H. N. Parker (eds.): "Ancient Literacies", Oxford 2009, 333-384: ma anche queste sintesi relativamente recenti appaiono già superate dal ritmo incessante con cui appaiono nuovi studi.
[2] K. McNamee: Finding Libraries, in: J. Frösén / T. Purola / E. Salmenkivi (eds.): Proceedings of the 24th International Congress of Papyrology, Helsinki 2007, II, 693-707: 698-699 e 706-707 (curiosamente trascurato da Houston).
[3] A. Ciampi: I kimân di Ossirinco: Abu Teir e Ali el-Gamman, in: Comunicazioni dell'Istituto Papirologico "G. Vitelli" 8, Firenze 2009, 123-152: 151-152. Ulteriori informazioni sullo scavo del kom in: R. Pintaudi: Grenfell-Hunt e la papirologia in Italia, in: "QS" 75, 2012, 205-298: 246-247.
Lucio Del Corso