Franco De Angelis: Archaic and Classical Greek Sicily. A Social and Economic History (= Greeks Overseas), Oxford: Oxford University Press 2016, 437 S., 44 s/w-Abb., ISBN 978-0-19-517047-4, GBP 55,00
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La storia della Sicilia antica può leggersi in molti modi. Pregevole e foriera di spunti di riflessione, come di nuove piste di ricerca, è la proposta di Franco De Angelis che presenta una storia economica e sociale della Sicilia greca in età arcaica e classica. Il volume si apre con un'introduzione che dichiara subito gli obiettivi dell'Autore: raccogliere ed esaminare tutta la documentazione utile a delineare la storia economica e sociale dell'isola e costruire una solida base per future ricerche (1). L'introduzione prosegue poi con un chiaro e approfondito status quaestionis che prende le mosse dagli studi di Antonio Salinas sulla Sicilia fino ai più recenti di Moses Finley, passando per Edward Freeman, Adolf Holm e Karl Julius Beloch, mostrando come le indagini sulla Sicilia greca abbiano risentito, tra il XVIII e il XX secolo, di eventi storici importanti, dalla Rivoluzione americana all'Unità di Italia, a seguito dei quali l'isola venne percepita come un fecondo laboratorio di ricerca ora per studiare per esempio gli effetti del colonialismo; ora per portare alla ribalta dell'attenzione pubblica la cosiddetta "questione meridionale". L'introduzione si conclude quindi con l'illustrazione del piano dell'opera che presenta una rapida sintesi dei quattro capitoli in cui essa è articolata, e il dichiarato proposito dell'indagine di ricollocare i Greci di Sicilia nel loro contesto ambientale, economico e culturale e seguirne il procedere storico all'interno e al di fuori di esso (27).
Il primo capitolo (28-61), intitolato The Geographical and Historical Setting, prende in esame il periodo che va dal 1200 al 600 a.C., con l'intento di esplorare la relazione reciproca tra le caratteristiche del territorio e le dinamiche insediative dei Greci. L'Autore colloca l'isola all'interno di un network mediterraneo in cui Greci, Fenici e popolazioni encorie non sono interpretati come unità monolitiche ma come universi interconnessi, che interagiscono l'uno con l'altro. L'Autore postula una dimensione di "middle ground", facilitata dall'abbondanza di risorse disponibili che avrebbe consentito ai Greci, una volta arrivati sull'isola, di organizzare le loro comunità, integrando talora gli indigeni che certamente possedevano già un certo livello di conoscenze tecnologiche, o intessendo con essi relazioni che passavano più per la cooperazione e il reciproco rispetto delle sfere di influenza che per il conflitto. Fu proprio tale interazione con le genti che abitarono la Sicilia prima dei Greci a favorire lo sviluppo e la crescita delle comunità siceliote.
Questo scenario, basato sul modello del "middle ground", comincia a modificarsi, nel corso del tempo, come emerge dall'analisi condotta nel capitolo successivo, Settlement and Territory (62-133), che si concentra sulle modalità di definizione degli spazi insediativi e delle risorse da parte dei Greci. Qui l'autore individua, attraverso l'esame e la comparazione delle piante delle poleis, quattro fasi di sviluppo urbano e politico, che egli interpreta come conseguenza dell'alternanza, rintracciabile sul filo di quattro secoli, tra città-stato e stato territoriale. Ad ogni processo di centralizzazione e decentralizzazione del potere politico corrispondevano trasformazioni a livello dell'organizzazione delle piante urbane che evidenziano, per esempio, una spiccata tendenza alla monumentalizzazione e alla costruzione di strutture abitative sempre più complesse nel periodo delle tirannidi, e il riconfigurarsi dell'equilibrio tra centri urbani e chora nelle generazioni immediatamente successive, fino ai cambiamenti causati dall'emergere di una conflittualità, via via sempre più accesa, tra Siracusa e Cartagine.
Il terzo capitolo, Societies (134-221), si concentra sulla ricostruzione della base sociale delle poleis siceliote e del ruolo che, in questo processo di formazione, hanno svolto le cosiddette élites. L'Autore sottolinea quanto ai fini di questa indagine si deve alla documentazione archeologica e ai dati della cultura materiale, essendo le fonti scritte estremamente esigue e frammentarie o, per lo più, provenienti da contesti culturali e storici profondamente diversi che guardavano a distanza alla realtà insulare. Grande attenzione è dedicata alle trasformazioni sociali ravvisabili nei dati a disposizione dal momento della fondazione fino alla metà del IV secolo. Un'analisi che restituisce una realtà complessa in cui le forze in gioco sono diverse: da un lato, quella rappresentata dalle élites, organizzate in clan familiari, in cui l'A. riconosce la vera forza trainante delle società dell'isola, orientate com'erano tanto a controllare la situazione politica, quanto a proteggere il proprio livello di benessere dalle minacce provenienti da nuovi gruppi elitari emergenti o da coloro che si trovavano più basso nella scala sociale; dall'altro, invece, le continue trasformazioni demografiche dovute alla mobilità interna al territorio insulare e all'arrivo dall'esterno di nuovi gruppi, come anche la continua immissione nei corpi civici di comunità di mercenari, assoldati o per sostenere le tirannidi o le guerre contro nemici esterni come Cartagine.
L'ultimo capitolo, Economics (221-318), si propone di esaminare le strutture economiche della Sicilia greca, a partire da un approccio multidimensionale che fa leva sulla triade rappresentata da produzione, distribuzione e consumo. Il quadro che ne viene fuori è quello di un'isola ricca di risorse naturali (dal grano agli ulivi, dalla vite al pesce) le cui frequenti ondate di prosperità si basarono su tutto l'indotto che la produzione di cereali e degli altri alimenti riusciva a creare e di tutte le infrastrutture economiche che la distribuzione e il commercio richiedevano. Un altro importante fattore di sviluppo economico era rappresentato dalla guerra che richiedeva sempre maggiori investimenti a livello di reclutamento di mercenari e di creazione di costruzioni adeguate.
Le conclusioni tirano le fila dell'intero volume e sottolineano la centralità della storia della Sicilia greca come uno dei luoghi principali di realizzazione del cosiddetto "miracolo greco", evidenziando il contributo che la popolazione dell'isola ha fornito allo sviluppo economico e culturale della Grecia stessa. L'Autore termina la sua indagine auspicando infine, sulla base dei risultati raggiunti un incremento degli studi sul Mediterraneo pre-classico che sappia raccogliere le sfide dell'interdisciplinarietà e superare le barriere accademiche, mettendo a sistema fonti e strumenti di diversa natura, dagli irrinunciabili dati archeologici alle griglie di lettura che discipline come l'archeobotanica, l'economia e la demografia forniscono, ai fini della ricostruzione di una storia economica e sociale delle diverse regioni del mondo antico.
Il volume, corredato da indici e da un ampio repertorio di immagini, grafici e cartine, valido supporto alle argomentazioni dell'Autore, rappresenta una felice prosecuzione, su nuove basi, degli interessi mostrati da Karl Julius Beloch e più tardi da Moses Finley. Forse, gli strumenti teorici, come la nozione di "middle ground" proposta da Richard White, il cui volume curiosamente non figura in bibliografia, o come quella di élite, avrebbero potuto essere presentati al lettore e adattati al contesto siceliota, piuttosto che essere dati per scontati. Resta tuttavia il risultato di una proposta efficace che potrà servire senz'altro a rialimentare il dibattito negli studi sulla Sicilia greca.
Daniela Bonanno