Roberto Rusconi: Immagini dei predicatori e della predicazione in Italia alla fine del Medioevo (= Medioevo Francescano; 17), Spoleto: Fondazione Centro Italiano di Studi sull'alto Medioevo 2016, XXXVII + 516 S., zahlr. s/w-Abb. , ISBN 978-88-6809-110-1, EUR 50,00
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Leo Andergassen: Liconografia di sant'Antonio di Padova dal XIII al XVI secolo in Italia, Padova: Centro Studi Antoniani 2016
Francesca Bartolacci / Roberto Lambertini (a cura di): Osservanza francescana e cultura tra Quattrocento e primo Cinquecento. Italia e Ungheria a confronto (Atti del convegno, Macerata-Sarnano, 6-7 dicembre 2013), Roma: Viella 2014
Da diversi decenni, Roberto Rusconi è unanimemente riconosciuto come uno dei più attenti e innovativi studiosi della predicazione italiana tardomedievale, colta nelle sue profonde valenze sociali e culturali. Tra i suoi maggiori meriti vi è quello di avere - tra i primi in Italia - recuperato appieno la valenza delle immagini come preziosa fonte storica, da utilizzare con cura e attenzione, come ogni altra fonte. Raccogliendo quindici saggi dedicati al multiforme tema delle immagini dei predicatori e della predicazione, il presente volume evidenzia l'estensione e il valore del contributo di Rusconi nel rendere maggiormente comunicanti, se non definitivamente unificate, le "due stanze della storia". [1] Se nel 1985 Rusconi stesso notava che "il rapporto tra predicazione e iconografia rimane ancora un ambito di ricerca ampiamente inesplorato" (5), tale ambito - grazie anche ai suoi contributi - è oggi non solo meglio conosciuto, ma anche affrontato con maggiore consapevolezza metodologica. I saggi che compongono il volume coprono il periodo 1985-2008, concentrandosi fortemente nel biennio 1989-90 (quattro saggi) e poi, al ritmo quasi di uno all'anno, nel decennio 1994-2005. Nell'insieme, si dispiega davanti al lettore un percorso di studio ricco, sfaccettato e - a detta stessa dell'autore - incompleto.
Rusconi sceglie infatti di aprire il volume non con un'introduzione, ma con una Retractatio (VII-XI) in cui rievoca, con rapidi cenni, i contesti accademici e i legami personali attraverso i quali le sue idee sono maturate [2], e come il progetto di una monografia sull'argomento, lungamente coltivato, sia stato negli anni scalzato dall'imporsi di nuovi, e altrettanto fruttuosi, campi di ricerca, testimoniati dall'ampia bibliografia dell'autore, utilmente presentata alle pagine XIII-XXXVII. Il volume raccoglie così i lavori nati intorno al progetto unitario di una monografia ma, come Rusconi stesso rileva, in parte mancano di una profonda organicità (IX). Il libro squaderna quindi un ricco campo di indagine, senza però offrirne una sintesi. Sarebbe stato forse utile fornire al lettore una panoramica di come, grazie anche all'impulso dato da Rusconi, gli studi sul rapporto tra predicazione e immagini si siano ampiamente sviluppati negli ultimi decenni, basti pensare al fondamentale lavoro di Lina Bolzoni, La rete delle immagini, o agli studi di Nirit Ben-Aryeh Debby, in particolare quello sui pulpiti toscani, fino alle recenti monografie sulle immagini di predicatori quali Antonio di Padova e Giovanni da Capestrano. [3]
I saggi (undici in italiano, tre in inglese e uno in francese) sono organizzati in quattro sezioni, conservando la veste grafica della sede editoriale originale, con la sola aggiunta di una numerazione unitaria. La prima sezione intitolata In principio (3-138) raccoglie tre saggi di valore generale, tra i quali un fondamentale contributo del 1989 sul tema della Reportatio e l'ampio lavoro del 1995 sulle immagini dei predicatori degli ordini mendicanti (63-138), dove in un certo senso si trovano in nuce diversi degli argomenti sviluppati nel resto del volume. Il primo articolo, il più risalente nel tempo (1985), Forma apostolorum: L'immagine del predicatore nei movimenti religiosi francesi e italiani dei secc. XII e XIII, mostra l'ampiezza con cui Rusconi si è approcciato al tema. Il saggio indaga le modalità di presentarsi e di vestirsi dei predicatori (oggi diremmo il loro self-fashioning) "per conferire maggiore efficacia e soprattutto credibilità al messaggio religioso proposto agli ascoltatori" (6). Rusconi si sofferma in particolare sulle mutevoli strategie di autorappresentazione e le scelte esegetiche e normative legate all'indossare o meno i sandali, e poi al tipo di sandali, aperti o chiusi sopra, mostrando come quello che potrebbe apparire un dettaglio avesse una profonda valenza comunicativa nel dinamico contesto urbano del XII e XIII secolo.
La sezione intitolata La rappresentazione delle prediche (141-239) indaga la possibilità, e i limiti, dell'uso delle immagini non solo per meglio cogliere i contesti socio-politici che le hanno prodotte e promosse, ma anche alcuni elementi della performance del predicatore e dell'esperienza degli ascoltatori. Il discorso è particolarmente convincente nel saggio Predicò in piazza: Politica e predicazione nell'Umbria del '400 (1989) dove l'autore insiste sull' "impatto politico della predicazione itinerante nella società umbra del '400" (148) e su come tale messaggio politico si condensò, rinnovò e fissò in alcune immagini, come quelle del fregio (1461) della facciata dell'Oratorio di San Bernardino a Perugia, interpretabili alla luce della lotta contro le partialitates e all'interno di un disegno di restaurazione dell'effettivo potere papale nell'area umbra.
Abbracciando il periodo che va dalle missioni di Vicent Ferrer alla drammatica parabola di Girolamo Savonarola, il Quattrocento domina anche la terza sezione, dedicata a La santità dei predicatori (241-392). Nei saggi dedicati a Giovanni da Capestrano, Vicent Ferrer e Pietro Martire, Rusconi mette a punto gli strumenti più adatti per indagare l'iconografia dei santi predicatori e la sua rilevanza storica, secondo una linea di studi che - come già ricordato - si è mostrata feconda. [4] Il tema si intreccia con quello della promozione del culto dei nuovi santi o dei tentativi, più o meno efficaci, di promuovere la loro canonizzazione. È questo il caso delle immagini relative a Giovanni da Capestrano, dove la visibilità e riconoscibilità del candidato santo viene associata, in particolare nell'area tedesca, a uno degli elementi più spettacolari e memorabili della sua predicazione, quale il falò delle vanità. Le immagini, quasi istintivamente, prediligono gli elementi più spettacolari della performance dei predicatori dell'epoca, pronti - come ricordano le cronache - a utilizzare, con notevole spregiudicatezza, una vasta gamma di supporti visivi e a catturare l'attenzione degli ascoltatori sollecitandone l'immaginazione.
Da ultimo, la sezione Percorsi (393-516), esemplifica come il dossier di immagini raccolte da Rusconi si presti a molteplici indagini tematiche, quali quelle qui riproposte riguardo alla raffigurazione dei falsi credentes (tema presente in particolare nell'iconografia dei predicatori domenicani), delle donne in quanto ascoltatrici e - in casi eccezionali - 'predicatrici', delle tematiche antigiudaiche. Il saggio La predicazione fra propaganda e satira alla fine del medio evo (421-465) si segnala non solo per il tema della parodia della predicazione (segno essa stessa della sua rilevanza nella cultura del tempo), ma anche per l'ampio materiale di immagini a stampa, attinte dal mondo italiano e germanico.
Nel saggio appena citato, e in alcuni altri, l'abbondante e assai interessante materiale è presentato in una forma che somiglia alla raccolta di schede di lavoro, senza avanzare una sintesi interpretativa o una lettura organica, probabilmente previste in origine nella progettata monografia e ora lasciate alla sensibilità del lettore. Ugualmente legato alla genesi di questa raccolta è la frequente ripetizione dell'analisi di alcune immagini, discusse in diversi saggi. Se questi sono limiti intrinseci alla natura del volume, sarebbe stato invece possibile, e probabilmente assai utile, arricchirlo di indice dei nomi e dei luoghi, per renderlo uno strumento di lavoro più duttile. Ugualmente colpisce la scelta al ribasso nella riproduzione delle immagini, spesso di cattiva qualità e in alcuni casi di difficile lettura. Paradossalmente, vista l'impostazione degli studi di Rusconi, tale scelta editoriale segnala forse, involontariamente, la persistente difficoltà a considerare le immagini come fonte storica.
Complessivamente il libro rende comodamente accessibile il frutto di un ampio lavoro, altrimenti disperso in una pluralità di sedi editoriali non facilmente accessibili, in particolare fuori d'Italia. Il volume si offre quindi sia come solido punto di riferimento, sia come ricco strumento da cui partire per rinnovate esplorazioni non solo del rapporto tra predicazione e immagini, ma della predicazione tout court, colta da Rusconi sempre nella poliedrica ricchezza della sua valenza storica. La lettura, o rilettura, dei saggi qui raccolti testimoniano appieno come, accostata con la sensibilità storica mostrata da Rusconi, la predicazione sia un campo di studi fecondo, intrinsecamente interdisciplinare e profondamente connesso con alcune delle linee portanti della cultura e società tardomedievale.
Note:
[1] L'espressione è utilizzata in Ottavia Niccoli: Le due stanze della storia, in: Scienza e Politica 15/29 (2003) 3-8, per indicare la progressiva affermazione di una fruttuosa collaborazione e interdisciplinarietà tra storia e storia dell'arte.
[2] Rusconi ricorda in particolare il lavoro all'Università di Perugia e nel Centro interuniversitario di studi francescani, i legami con gli studiosi della International Medieval Sermon Studies Society, il coinvolgimento nella direzione della rivista Iconographica. Rivista di iconografia medievale e moderna.
[3] Lina Bolzoni: La rete delle immagini. Predicazione volgare dalle origini a Bernardino da Siena, Torino 2002; Nirit Ben-Aryeh Debby: The Renaissance Pulpit. Art and Preaching in Tuscany, 1400-1550, Turnhout 2007; Leo Andergassen: L'iconografia di Sant'Antonio di Padova dal XIII al XVI secolo in Italia, Padova 2016; Luca Pezzuto: Giovanni da Capestrano. Iconografia di un predicatore osservante dalle origini alla canonizzazione (1456-1690), Roma 2016.
[4] Vedi nota 3. Manca invece ancora un soddisfacente lavoro complessivo su Bernardino da Siena, per il quale si segnalano i saggi di Fabio Bisogni, Daniel Arasse e Roberto Cobianchi.
Pietro Delcorno