Francesco Salvestrini (a cura di): La memoria del chiostro. Studi di storia e cultura monastica in ricordo di Padre Pierdamiano Spotorno O.S.B. (= Studi sulle abbazie storiche e ordini religiosi della Toscana; 3), Florenz: Leo S. Olschki 2019, X + 767 S., ISBN 978-88-222-6590-6, EUR 78,00
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Come omaggio alla figura di Padre Pierdamiano Spotorno, monaco, archivista e bibliotecario di Vallombrosa (1936-2015) viene pubblicato un corposo volume di studi in sua memoria a cura di Francesco Salvestrini. Pierdamiano Spotorno è stato un grande protagonista della vita culturale di Vallombrosa, dove visse e operò dal 1957 al 2015, interagendo con gli studi sull'abbazia e la comunità monastica giovando loro soprattutto con la grande padronanza e competenza con cui gestiva il patrimonio di cui era conservatore, promuovendo e indirizzando le ricerche storiche sull'abbazia e i monasteri collegati.
I saggi, più di trenta, si collegano in vario modo all'ambito vallombrosano offrendone un panorama molto composito, attraverso una pluralità di prospettive storiche contemporanee. Sono qui divisi in tre sezioni dedicate innanzitutto alla Storia, in secondo luogo a Filosofia, Liturgia, Codicologia e Letteratura e infine a Arte e Architettura. Vengono dunque indagati molteplici temi afferenti alla vita e alla cultura monastiche in un arco cronologico che copre quasi un millennio, dalla fondazione dell'abbazia nel 1039 fino al Novecento.
Per le competenze di chi scrive queste righe, ristrette ai limiti cronologici e culturali del Medioevo, paiono particolarmente significativi alcuni saggi, nelle tre sezioni, che permettono al lettore di seguire le complesse vicende della comunità monastica fin dalle origini, innestando studi particolari in un contesto storico dettagliato.
A questo proposito, nella prima sezione, che accoglie gli studi incentrati sulla storia quasi millenaria dell'ordine, si segnala in particolare il saggio di Francesco Salvestrini (La mobilità dei monaci nell'Ordine di Vallombrosa, Italia centrale e settentrionale, XI-XV secolo), che approfondendo una delle peculiarità del monachesimo vallombrosano, cioè la mobilità contrapposta al voto di stabilità richiesta dalla Regola benedettina, mostra la evoluzione di questa dagli inizi dell'esperienza riformatrice del fondatore, Giovanni Gualberto, passando per la strutturazione del movimento come ramo dell'Ordine benedettino successiva alla sua morte, continuando per la drammatica crisi prodotta dalla contrapposizione tra Alessandro III e i pontefici (di cui uno, Callisto III, vallombrosano) eletti dall'imperatore Federico I, fino alle disposizioni del IV Concilio laterano. L'evoluzione della mobilità, originariamente riservata al superiore generale e agli altri abati e poi allargata finanche a monaci che venivano reclutati dalle città comunali, permette di mostrare l'evoluzione dell'ordine e del contesto storico fino alla definizione di un nuovo profilo monastico che precorre gli Ordini Mendicanti.
Anche lo studio di Anna Benvenuti (Berta di Cavriglia tra inventio erudita e devozione popolare) offre uno spaccato delle vicende del monastero di Santa Maria di Cavriglia dalla fondazione attribuita a Leto abate di Passignano, mettendo in luce il sorgere del culto di una santa Berta, attestato dall'umanista quattrocentesco Girolamo da Raggiolo, di fatto uno sdoppiamento rispetto alla badessa che governò il monastero tra il 1080 e il 1091, e il suo culto che proprio nel Quattrocento assunse esiti apotropaici e tempestari nella devozione popolare. Si tratta dunque delle dinamiche alle radici dell'agiografia e del complesso rapporto tra culto, devozione popolare e testimonianze scritte.
Nella seconda sezione, che raggruppa studi che affrontano con diverse competenze le dinamiche della parola scritta, dai trattati teologici ai breviari trecenteschi, passando per testi agiografici, liturgici ed epistolari, si segnala lo studio di Antonella Degl'Innocenti (Un'inedita abbreviazione della Vita s. Iohannis Gualberti di Gregorio di Passignano (BHL 4400)), che affronta uno dei testi meno noti e controversi dedicato al fondatore di Vallombrosa. La vita di Gregorio rimase infatti in secondo piano rispetto alle vitae più antiche (tra cui quella di Andrea Strumi e di Attone di Pistoia), ma fu utilizzata nel terzo decennio del XV secolo da Andrea da Genova. La studiosa ha ritrovato un abbreviazione del testo in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Firenze e ne offre qui l'edizione, dopo averne discusso criticamente l'attribuzione.
La terza parte prende in considerazione particolari aspetti artistici e architettonici legati alla storia e alla cultura vallombrosana. Il contributo di Maurizio Caperna (Il monastero vallombrosano di Santa Prassede a Roma: i caratteri dell'insediamento e vicenda urbana) dà conto della lunghissima storia dell'antico cenobio romano, fondato da Pasquale I (817-824) che vi aveva insediato dei monaci greci, dall'assegnazione ai monaci della congregazione vallombrosana del 1198 fino ai rifacimenti del 1930.
Come si vede, sono studi specialistici, ma che danno opportunamente conto del più ampio contesto storico e di lunghissimi e complessi processi evolutivi. Ma anche gli altri saggi pur rivolti a un pubblico specialistico hanno un ampio corredo di note che permette un'utilizzazione anche da parte del lettore non erudito, il quale può trovare abbondanti spiegazioni e indicazioni bibliografiche che lo aiutino a meglio comprendere la storia del movimento vallombrosano.
L'estrema varietà degli argomenti affrontati fa dunque del volume, incorniciato da una premessa di Francesco Salvestrini e da un prezioso ricordo di Sofia Boesch Gajano, un utile repertorio per coadiuvare i diversi ambiti in cui si può articolare oggi la ricerca sull'abbazia di Vallombrosa e i vallombrosani (ma anche di altri rami del mondo benedettino e certosino), nella loro lunga storia e nella loro interazione con la cultura italiana ed europea.
Giovanni Paolo Maggioni