Mary Stroll: Popes and Antipopes. The Politics of Eleventh Century Church Reform (= Studies in the History of Christian Traditions; Vol. 159), Leiden / Boston: Brill 2012, XVIII + 266 S., ISBN 978-90-04-21701-0, EUR 99,00
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Il volume della Stroll esce quasi in contemporanea con gli atti di un importante convegno celebratosi ad Aachen nel 2011. [1] Ad esso si dovrà ricorrere per una considerazione critica della nozione stessa di antipapa che invece non attira l'attenzione dell'Autrice. Eppure la produzione storiografica di Mary Stroll, oggi visiting Scholar presso la University of California di San Diego, è scandita da ampie monografie sulla Borgogna nel X secolo (1975), sullo scisma dei Pierleoni (1987) e infine sul papato nei due decenni immediatamente successivi al concordato di Worms (1991). Documentano invece lo spostamento degli interessi storiografici della studiosa americana verso la lotta per le investiture i volumi sull'abbazia di Farfa (1997) e su Callisto II (2004). Il libro su Popes and antipopes che qui si recensisce conferma questo spostamento e, insieme con esso, testimonia la perdurante attenzione riservata al papato medievale da parte dell'Autrice e l'altrettanto tenace fedeltà a un'impostazione storiografica i cui esiti non sempre appaiono persuasivi.
Infatti il libro si presenta come una ricostruzione di taglio annalistico quasi giorno per giorno della storia pontificia del periodo compreso tra il regno dell'Imperatore Enrico III (1039-1056) e il pontificato di Alessandro II (1061-1073), a cui si contrappose Cadalo di Parma con il nome di Onorio II (1061-1072). Entrambe le scelte sottese a questa cronologia si presentano estremamente problematiche.
Che il terminus post quem dell'indagine sia rappresentato dal regno dell'imperatore salico si spiega con il fatto che "while not neglecting ecclesiastical reform", la Stroll si prefigga di enfatizzare "the protagonists' political positions: their motivations, their actions, and how geographic factors and personal associations shaped their attitudes" (7). Riesce difficile, tuttavia, immaginare un modo diverso di porre la questione della lotta per le investiture, poiché al centro di quel complicato scontro di idee, di parole e di armi stava proprio la ridefinizione di che cosa potesse essere definito "politico" (e in quanto tale afferente alla sfera del regnum) e di che cosa invece attenesse alla sfera della religione e quindi del sacerdotium.
La scelta di concludere l'indagine proprio alle soglie dell'età propriamente gregoriana (quella cioè del pontificato di Gregorio VII) rende in certo modo fuorviante il titolo, ove si parla di "eleventh Century", senza specificare alcuna limitazione della spanna cronologica di riferimento. Inoltre proprio l'analisi dello scontro tra Gregorio VII e Clemente III / Guiberto di Ravenna avrebbe consentito all'autrice di vedere la più compiuta manifestazione del contrasto tra gruppo riformatore romano e corte imperiale tedesca, che nello scisma di Cadalo aveva avuto solo una specie di prologo. Insomma una ricerca che si prefigga di indagare le implicazioni politiche della storia di papi e antipapi "nel secolo XI" non può prescindere dall'affrontare lo scisma guibertista, poiché proprio durante il pontificato di Gregorio VII "the protagonists' political positions" emersero con molta maggiore chiarezza di quanto non fosse accaduto nei precedenti tre decenni. Inoltre lo scisma guibertista, lungi dall'essere riducibile a un mero problema politico, inteso come conflitto tra gruppi di potere egemonico tra loro concorrenti, ricapitolò in sé tutti i temi che in vario modo furono oggetto di lotta e di discussione nel corso del secolo XI. Per questo motivo in tale scisma si verificò la concorrenza non solo tra due papi, ma tra molti e diversi modi di intendere i rapporti tra autorità pontificia e impero e, insieme con essi, tra altrettante visioni del mondo e del sistema, profondamente divergenti. La dimensione ideale e ideologica connotò lo scisma guibertista ben più di quanto avrebbe caratterizzato lo scisma dei Pierleoni, in cui la concorrenza tra i diversi pontefici era davvero riconducibile soltanto alla mera contrapposizione di gruppi di potere. L'attenzione all'età "gregoriana" avrebbe inoltre consentito all'Autrice di considerare il contesto e soprattutto le motivazioni di produzione delle fonti da lei utilizzate. La circostanza non è banale. Infatti, se escludiamo le lettere di Pier Damiani e qualche altra sparuta testimonianza, le fonti utilizzate dalla Stroll per ricostruire la storia di papi e antipapi risalgono quasi tutte all'ultimo ventennio del secolo XI. In quegli scritti polemici la narrazione storica era connotata da una profonda intenzionalità ideologica e da chiare finalità pubblicistiche, la considerazione delle quali avrebbe certamente conferito maggiore profondità problematica all'analisi della miriade di episodi di cui si compone il volume. Il suo merito maggiore è certamente quello di mettere a tema un periodo che quasi sempre in sede storiografica era stato erroneamente interpretato come una sorta di preparazione della "réforme grégorienne" in senso stretto, alla luce della prospettiva teleologica di Augustin Fliche. Questa sintesi, invece, esclude quasi provocatoriamente l'età propriamente gregoriana, come per evidenziare le peculiarità proprie del periodo immediatamente precedente.
La finalità stessa del volume, che si presenta come una sintesi rivolta al pubblico di lingua inglese su di un tema molto frequentato dalla medievistica europea, esime il lettore dal cercarvi prospettive storiografiche originali. La lunga e dettagliata cronaca che occupa ben 247 pagine, articolandosi in capitoli che corrispondono grosso modo ai pontificati dei papi e dei cosiddetti "antipapi" succedutisi nel periodo considerato, tiene conto per ogni episodio di tutte le fonti ad esso relative, sottoponendole a un vaglio di taglio sostanzialmente positivistico. Meno sviluppata appare invece l'analisi della storiografia che si è esercitata con quasi proverbiale ferocia interpretativa su questo periodo. Gli studi tedeschi e francesi servono in parte a colmare le carenze di una bibliografia (almeno quella realmente discussa) spesso datata e quasi esclusivamente in lingua inglese. Più grave appare, invece, la scarsa considerazione dei risultati che in particolare su questo tema ha conseguito la storiografia italiana, la quale, a partire dagli anni Cinquanta del '900, aveva trovato negli studi "gregoriani" uno dei suoi luoghi necessari, con storici come Cinzio Violante, Ovidio Capitani e Giovanni Tabacco (per non citare che i capostipiti). Studi, quelli, ripresi negli ultimi tre lustri con esiti del tutto innovativi e assolutamente non prescindibili per chi voglia fornire una sintesi aggiornata sulla riforma del secolo XI. [2]
Per riassumere: il volume della Stroll ha l'indubbio pregio di valorizzare un periodo ben preciso della storia del papato, ripercorrendone con grande acribia ogni singolo episodio, ma il desiderio di una sintesi soddisfacente sul piano storico-critico resta ancora non esaudito.
Note:
[1] Harald Müller / Brigitte Hotz (Hgg.): Gegenpäpste. Ein unerwünschtes mittelalterliches Phänomen, Köln / Weimar 2012.
[2] Cfr. almeno Civiltà monastica e riforme. Nuove ricerche e nuove prospettive all'alba del XXI secolo, a cura di Glauco Maria Cantarella ("Reti Medievali Rivista", XI - 2010/1 (gennaio-giugno), http://www.rivista.retimedievali.it).
Nicolangelo d'Acunto