Barbara Gauger / Jörg-Dieter Gauger: Die Fragmente der Historiker. Ephoros von Kyme (FGrHist 70) und Timaios von Tauromenion (FGrHist 566) (= Bibliothek der griechischen Literatur; Bd. 77), Stuttgart: Anton Hiersemann 2015, VI + 368 S., ISBN 978-3-7772-1506-8, EUR 198,00
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Il volume raccoglie insieme i frammenti di due dei più eminenti rappresentanti della storiografia perduta di IV-III sec. a.C., Eforo di Cuma e Timeo di Tauromenio, in traduzione tedesca. L'accostamento, che avrebbe potuto indispettire Timeo (noto censore di Eforo), potrebbe invece attrarre noi moderni e apparirci stimolante sul piano esegetico, se si considera che le tradizioni dei due storici sono legate a doppio filo, in particolare, all'ingombrante, comune diaframma di Polibio. [1] Ma l'aspettativa è in qualche modo tradìta, quando si viene a sapere che a suggerire agli autori questa scelta è stato il fatto che Eforo e Timeo siano, dopo Teopompo, [2] gli storiografi perduti più attestati per numero di frammenti (2): riesce difficile sottrarsi all'impressione di trovarsi di fronte a un'occasione persa.
Dopo l'introduzione generale (1-13), in cui compare anche una lista dei testimoni (con incluse brevissime annotazioni, certo utili, sul loro tempo e sulla loro opera), cominciano le due macrosezioni su Eforo (15-147) e su Timeo (149-272), strutturalmente identiche. Ciascuna di esse si compone di una prima sezione con la Grundlegende Literatur (un elenco sintetico dei principali lavori moderni), di una seconda sezione su Leben und Werk, di una terza sezione con le Fragenstellungen e di una quarta - la più corposa - con l'Übersetzung dei frammenti. Seguono le note di commento, prima ai frammenti di Eforo (273-313), poi a quelli di Timeo (315-346). In coda è un indice dei nomi geografici, mitici e storici ricorrenti nei frammenti di entrambi gli storici (347-368). Probabilmente mirando a preservare l'agilità del volume, gli autori hanno ritenuto superfluo inserire anche un indice di tutta la letteratura moderna citata, indice che il lettore dovrà ricostruire attraverso le note introduttive e le note di commento.
Il volume è molto ordinato, snello e sistematico, nel complesso di facile consultazione: questo è un sicuro pregio. L'intenzione degli autori è fondamentalmente quella di fornire al lettore un'aggiornata traduzione tedesca dei Fragmente jacobiani, [3] unitamente a un quadro il più possibile sintetico e rapido delle questioni principali affrontate e delle conoscenze attualmente disponibili sui due storici. Anche questo, indubbiamente, è di giovamento. Ma il desiderio, pur apprezzabile, di comprendere insieme in poche pagine problemi diversi, e di attraversare rapidamente i tanti giudizi che hanno dato vita a vicende critiche in realtà eterogenee e molto complesse da inquadrare, trasformano spesso le note introduttive e di commento in una serie di rinvii/citazioni e in una rassegna di posizioni disparate piuttosto catalogica, con occasionali omissioni e preferenze non sempre chiaramente motivate o argomentate: [4] ciò a volte intacca l'esattezza e l'efficacia della sintesi.
La bibliografia è ampia, nonostante alcune lacune. [5] L'interpretazione analitica dei frammenti dei due storici e il chiarimento della metodologia e delle finalità dell'inchiesta non sono temi che risultino particolarmente approfonditi (le note introduttive e di commento rinviano sistematicamente a lavori già scritti, spesso senza proporre particolare discussione). Ciò è conforme allo spirito di un'intenzionale Einführung, di un'opera che sembra puntare più a dare visibilità agli storici perduti, che a comprenderli. E qui non si può non notare come l'intenzione degli autori di non 'sovraccaricare' il lettore con approfondimenti che, se realizzati, avrebbero complicato il volume rendendone la consultazione inevitabilmente molto meno facile, finisca per penalizzare la restituzione del profilo culturale, teorico e pratico dello storico perduto, cioè quello che può considerarsi l'obiettivo di ogni vero studio dei frammenti. [6]
Gli autori hanno deciso di non riprodurre l'originale greco/latino, per il quale rinviano al Text jacobiano (2), [7] e di proporre la traduzione dei frammenti nel rispetto fedele delle scelte editoriali jacobiane, [8] quando queste scelte, in realtà, sono state messe in radicale discussione in studi fondamentali. [9] Entrambe tali decisioni appaiono perfettamente comprensibili nella logica dell'obiettivo della massima fruibilità del volume, ma personalmente non le riterrei, per questo, giustificabili.
Il vero rischio è che un lavoro pur utile come questo, in cui si privilegia la traduzione di un testo già dato e più o meno aggiornato (quello jacobiano) senza affrontare la discussione relativa alla delimitazione del 'frammento' (con tutto quel che di problematico ciò implica, dalla ricostruzione del pensiero dell'autore citante a quella del pensiero dell'autore citato), contribuisca involontariamente a trasformare il frammento jacobiano in una specie di feticcio, qualcosa di precostituito e non più modificabile, al limite solo riproducibile, quando invece la riflessione moderna, giunta ora alla piena comprensione delle caratteristiche di quel complicatissimo medio che chiamiamo 'frammento', ha sottolineato proprio l'urgenza di rimeditarne e rinnovarne i criteri di edizione. Ma questo è un altro problema, di cui non si può né si vuole far carico gli autori di questo volume: un volume che, proprio perché così agile, si spera possa incuriosire i lettori allo studio di autori come Eforo e Timeo, che, pur non essendo stati affatto inferiori ai preservati e ampiamente celebrati Erodoto e Tucidide, sono andati perduti.
Note:
[1] Vd. Polyb. XII 4a (Ephor. F 218 e Tim. F 110), 25f (Ephor. T 20 e Tim. T 19); 27 (Ephor. F 110 e Tim. T 19); 28-28a (Ephor. T 23, F 111 e Tim. F 7).
[2] A Teopompo è dedicato il volume 70 della stessa collana, pubblicato nel 2010.
[3] Poche le addizioni, F 239 come Dubium per Eforo (147. Cf. 25-26) e F 163A per Timeo (frr. 74-76 Müller: 253-254). La lista può essere ulteriormente estesa: vd. le segnalazioni di H.J. Mette in "Lustrum" 21, 1978, 5-43, particolarmente 13 e 31; G. Parmeggiani, Eforo di Cuma. Studi di storiografia greca, Bologna 2011, passim.
[4] Per limitarsi a un esempio soltanto - i casi sono diversi e non vi è spazio per approfondirli - sorprende l'assenza, entro la Grundlegende Literatur su Eforo (17), di G. Schepens, Historiographical Problems in Ephorus, in Historiographia antiqua, Leuven 1977, 95-118 (citato in 18 nota 8).
[5] Segnalo, a titolo di esempio, gli articoli di G. Parmeggiani, N. Luraghi e J. Tully in G. Parmeggiani (ed.), Between Thucydides and Polybius. The Golden Age of Greek Historiography, Washington D.C. 2014.
[6] La precisazione degli autori che l'obiettivo delle Anmerkungen è soprattutto quello di segnalare "den aktuellen Forschungsstand" per una "Weiterarbeit" sui frammenti (2), rivela che essi tendono a concepire l'intero lavoro come uno 'strumento' aggiornato per venture esegesi, più che come uno studio in cui si traggano conclusioni. Dubito tuttavia che si possa distinguere tra 'strumento' ed esegesi, visto che anche la sola traduzione è il frutto di un'esegesi.
[7] Un'eccezione è Ephor. F 239 (147), perché non pubblicato da Jacoby. Il greco compare nell'Übersetzung qua e là, in incisi riprodotti o traslitterati. Gli autori però dimostrano di conoscere anche edizioni più recenti e non sempre conformi a Jacoby, e.g. Radt per Strabone, da cui occasionali ambiguità sul testo greco effettivamente tradotto.
[8] Ciò non soltanto per quanto attiene alla delimitazione dei frammenti e alla distinzione normativa tra 'testimonianze' e 'frammenti', ma anche per quanto concerne molti dettagli della pagina stampata jacobiana.
[9] Vd., su Eforo, Parmeggiani, Eforo di Cuma cit.; su Timeo, R. Vattuone, Sapienza d'Occidente. Il pensiero storico di Timeo di Tauromenio, Bologna 1991, 11 ss.; Ch.A. Baron, Timaeus of Tauromenium and Hellenistic Historiography, Cambridge 2013, 1 ss.
Giovanni Parmeggiani