Juan Manuel Cortés Copete / Fernando Lozano Gómez / Elena Muñiz Grijalvo (eds.): Ruling the Greek World. Approaches to the Roman Empire in the East (= Potsdamer Altertumswissenschaftliche Beiträge; Bd. 52), Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2015, 192 S., ISBN 978-3-515-11135-5, EUR 44,00
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Il rapporto tra Romani e Greci continua ad affascinare gli studiosi e a generare una serie di interrogativi stimolanti. Questa attenzione non stupisce affatto perché coinvolge fenomeni politici e culturali di importanza assoluta: si tratta infatti del rapporto tra governanti signori del mondo da un lato e governati Greci dall'altro, sconfitti e sottomessi ma dotati di una lingua e di una cultura tali da contribuire in modo sostanziale allo sviluppo di aspetti primari della vita romana e da divenire una delle principali strutture connettive dell'impero. Per apprezzare immediatamente quanto la letteratura latina sia in debito con quella greca è sufficiente ricordare che la traduzione artistica dell'Odissea (verso la fine del III secolo a.C.) da parte di Livio Andronico, prigioniero poi liberto e maestro dei figli del suo patrono, segna appunto gli inizi della letteratura latina.
Con queste premesse diventa comprensibile il grande numero di ricerche che esplorano temi legati a simili argomenti; nel caso specifico il volume Ruling the Greek World raccoglie i risultati di due progetti, dedicato il primo a Greeks in the Empire: the creation of a political category il secondo a Hadrian, images of an Empire. I due progetti hanno dato esito a un convegno (Siviglia 2008), a incontri scientifici, a rivisitazioni dei lavori, all'inclusioni di nuovi contributi e, alla fine, a questo libro. I vari passaggi e lo scopo generale della ricerca sono ben chiariti nell'Editor's Preface.
I dieci saggi che compongono il volume sono unificati dal tentativo di discutere secondo la prospettiva dei Greci il problema della loro integrazione all'interno dell'impero, prospettiva ben esplicitata dal titolo del convegno di Siviglia Ruling through Greek eyes. Bisogna subito notare che il volume è utile e ben progettato: è evidente la cura adoperata per coordinare gli interventi e, al contempo, evitare sovrapposizioni.
La questione dell'integrazione e della partecipazione dei Greci alla vita politica e culturale dell'impero romano, infatti, emerge nella maggior parte dei contributi come problema di difficile risoluzione. Lo studioso che desideri proporre un quadro il più possibile completo cercando di confrontare la ricca documentazione epigrafica con quella letteraria spesso si scontra, invece, con una serie di divergenze, difficoltà e contraddizioni. Si giunge, insomma, a quella dicotomia interpretativa segnalata da C.P. Jones («Mouseion» 2001 362-365) a proposito delle relazioni tra Greci e Romani in una provincia come l'Asia nei primi secoli dell'Impero. È ovvio che non si auspica certo come obiettivo dello storico una ricostruzione che presenti uno scenario livellato, privo di differenze anche radicali, senza cesure o articolazioni, ma si deve constatare quanto l'uso preminente di categorie di fonti differenti tenda a produrre differenti visioni di questi problemi. L'utilizzo privilegiato delle fonti epigrafiche e numismatiche indirizza verso risposte diverse rispetto a chi sfrutta maggiormente quelle letterarie. Un orientamento già precostituito nei confronti del problema da parte di uno studioso può, per contro, spingere a privilegiare una categoria di fonti rispetto all'altra.
Queste e molte altre riflessioni animano i contributi di Greg Woolf, Maurice Sartre e Francesca Fontanella. Un'indagine sulle ricerche erudite relative a eventi del passato prodotte sotto i primi imperatori da personaggi come Diodoro e altri suoi contemporanei aiuta a comprendere come alcuni Greci cercassero di metabolizzare la realtà di un nuovo e pervasivo dominio (Woolf), così come affondi precisi su Strabone e Plutarco consentono di percepire la reale opinione di questi due intellettuali nei confronti dell'egemonia romana (Sartre) e un autore come Elio Aristide può fornire un'importante testimonianza sulla distanza critica con cui un Greco del II secolo d.C. giudicava il potere romano (Fontanella).
Questi tre saggi, coerenti e ben collegati fra loro, concludono un volume che si apre con il contributo di Cristina Rosillo-López sui primi tentativi dei poteri greci, sovrani e città, di stabilire contatti fruttuosi con il Senato romano. I discorsi e i loro atteggiamenti sono utili per studiare la presentazione di un'identità e di un linguaggio con cui fronteggiare un potere soverchiante ed estraneo. Nell'articolo successivo Elena Muñiz Grijalvo approfondisce questo tema attraverso la particolare prospettiva della religione. Se la religione continua a essere una parte integrante dell'identità greca, l'elaborazione e la valorizzazione delle proprie tradizioni e dei miti in età romana assumono, però, dal I secolo a.C. anche un valore politico distintivo per diventare uno strumento adatto a segnalare la superiorità dei Greci in forma accettabile per i Romani. Un problema che supera la mera essenza terminologica è poi oggetto dell'indagine di Juan Manuel Cortés Copete. L'uso di Hellas al posto dell'attesa Achaia in un luogo di Cassio Dione (53.12.4) induce ad alcune riflessioni sul motivo di questa scelta e sul significato culturale e politico che i due vocaboli potevano rivestire per i Greci e per i Romani. Arminda Lozano offre un'analisi sul comportamento - in genere moderato e rispettoso delle specifiche realtà cultuali - delle autorità romane verso i grandi santuari e centri religiosi allora fiorenti in Asia Minore. Il saggio di Ted Kaizer introduce in modo esemplare alla storia di Dura-Europos negli anni in cui la città fu sotto il controllo dei Romani (165 d.C. - 256 d.C.). La ricchezza di lingue e culture documentate in questo periodo a Doura accompagnate da impressionanti fenomeni onomastici, la presenza di unità militari, alcune provenienti dalla vicina Palmira, la grande vitalità artistica rendono la città sulle rive dell'Eufrate un laboratorio ideale per comprendere quanto fenomeni legati a identità e appartenenza possano essere frutto di un'evoluzione continua e in alcuni casi anche assai rapida e quanto sia difficile separare in modo netto le differenti componenti che definiscono una comunità.
Elena Calandra indaga invece il fondamentale problema dell'autorappresentazione degli imperatori nel mondo greco attraverso lo studio delle immagini ufficiali degli imperatori. Il lavoro, che si concentra opportunamente sul caso di Atene, copre più di un secolo partendo dalle rappresentazioni di Adriano - uno tra i casi di più difficile studio - per arrivare a Gallieno. Il tema è strettamente connesso alla manifestazione del culto imperiale ed è appunto dedicato all'esercizio di tale culto da parte dell'Anfizionia pilaico-delfica l'articolo di Fernando Lozano e Rocío Gordillo. La questione è dibattuta, poiché l'esistenza di un tale culto nella lega non è accettata da tutti gli studiosi, ma Lozano e Gordillo dopo un riesame della scarsa documentazione disponibile avanzano la proposta che nell'anfizionia non si distinguesse da altre istituzioni greche e che al suo interno fosse attivo il culto imperiale amministrato, come altrove, dai più importanti esponenti delle élites locali.
Domitilla Campanile