Frances Pownall / Sulochana R. Asirvatham / Sabine Müller (eds.): The Courts of Philip II and Alexander the Great. Monarchy and Power in Ancient Macedonia, Berlin: De Gruyter 2022, VIII + 304 S., ISBN 978-3-11-062240-9, EUR 102,95
Inhaltsverzeichnis dieses Buches
Buch im KVK suchen
Bitte geben Sie beim Zitieren dieser Rezension die exakte URL und das Datum Ihres Besuchs dieser Online-Adresse an.
Sabine Müller: Alexander, Makedonien und Persien, Berlin: trafo 2014
Frances Pownall: Lessons from the Past. The Moral Use of History in Fourth-Century Prose, Ann Arbor: University of Michigan Press 2004
Sabine Müller: Die Argeaden. Geschichte Makedoniens bis zum Zeitalter Alexanders des Großen, Paderborn: Ferdinand Schöningh 2016
Il volume, come spiega F. Pownall nella prefazione, è l'esito di un convegno tenuto ad Alberta nel 2018: oltre quaranta comunicazioni erano state presentate in quella occasione, mentre il volume raccoglie complessivi tredici saggi. Convegno e volume si inseriscono in una serie di iniziative "semi-regolari ma informali" focalizzate inizialmente su Alessandro e poi estese sia al regno di Filippo II sia alle esperienze dei Diadochi e dei re ellenistici: i convegni in questione si sono tenuti con una certa regolarità nell'ultimo ventennio. La stessa Pownall illustra i contenuti del volume in una sintetica introduzione (1-14), che dà conto degli sviluppi recenti dei court studies e dello scopo essenziale che questo lavoro si prefigge: illustrare gli aspetti caratterizzanti della vita di corte ellenistica le cui radici sembrano risalire all'opera innovativa di Filippo e di Alessandro. Si tratta di un obiettivo per nulla semplice, naturalmente, data la penuria di notizie sui meccanismi della vita di corte argeade nelle età precedenti, ma uno dei meriti dei saggi riuniti nel volume è di aver limitato il più possibile le speculazioni sulla trasformazione di quella che la Pownall definisce "a relatively simple court dynamic into one that was much more elaborate, international, and multi-dimensional" (2).
Il prevalente focus del lavoro, esplicitato sin dal titolo, è dunque sui regni di Filippo e di Alessandro. Due saggi, quello di W. Heckel su Tolemeo Cerauno, pp. 33-54, e quello di Th. C. Rose sull'esilio di Democare, pp. 97-123, scendono alla prima età ellenistica. Altri due, che formano la quinta e ultima sezione tematica del volume (Alexander's Court in Retrospective), sono invece dedicati alla fortuna della tradizione su Alessandro e dell'iconografia riferibile ai suoi ritratti. R. Frank analizza un'iscrizione funeraria di età imperiale, da Alessandria, per un giovane morto prematuramente (SEG 8, 372 ed edizioni successive), in cui è contenuto un riferimento alla filiazione di Alessandro da Ammone (255-274); S. E. Hijmans riapre la questione dell'influenza dell'immagine di Alessandro sulla ritrattistica romana, con conclusioni forse sin troppo scettiche sulla nostra reale possibilità di valutarla (275-298: merita una segnalazione la spiritosa scelta dell'autore di introdurre il tema immaginando un fittizio dialogo di Filostrato). L'interesse dei due saggi non nasconde il fatto che il legame di questa sezione con la tematica generale del volume appaia oggettivamente assai labile.
La prima sezione, invece pienamente coerente con i temi del volume, ha però un titolo (The Transformation of Royal Authority: Personal Relationships at the Macedonian Court) che, nel tentativo di associare due contributi di taglio assai diverso, si adatta bene a uno solo dei due. Mi riferisco al saggio di E. M. Anson, che ripropone una lettura piuttosto tradizionale, 'feudale' della natura dello stato e della società macedoni ancora sotto Filippo II e dell'evoluzione in senso autocratico e personalistico del potere regale sotto Alessandro (17-31). Il secondo contributo, quello già ricordato di W. Heckel, è una utile messa a punto dei dati noti e dei molti punti oscuri della breve e tempestosa carriera di Tolemeo Cerauno, in cui il tema delle personal relationships è declinato soprattutto in chiave familiare e matrimoniale. Heckel esprime l'auspicio che la lettura di solito negativa di questa figura, ereditata dalle fonti antiche, possa essere ridiscussa, e la sua onesta presentazione dei dati offre un primo utile contributo in questa direzione.
Anche la seconda sezione (The Courts of Philip and Alexander in the Eyes of Contemporary Greeks) contiene un contributo a carattere, per così dire, biografico, quello già ricordato di Th. C. Rose sulla parte conclusiva della carriera di Democare di Leuconoe, lodevole anche perché, diversamente da molti dei saggi di questo volume, tiene in adeguata considerazione anche bibliografia non anglofona. Gli altri contributi di questa sezione si incentrano sulla rappresentazione che le fonti contemporanee offrono delle dinamiche e dei rapporti interni alla corte di Filippo e di Alessandro. J. Trevett (Diplomatic Activity at the Court of Philip II, 57-78) analizza le contrapposte e vivaci testimonianze delle orazioni di Eschine e di Demostene Sull'ambasceria, proponendo interessanti riflessioni sui possibili rischi di 'scontro culturale' che derivarono dalle diverse tradizioni delle poleis della Grecia centro-meridionale e dei sovrani dell'Egeo settentrionale in materia di relazioni diplomatiche e relativi cerimoniali. È da correggere la lettura che l'autore offre di un passo di Demostene (XIX 308), in cui l'oratore accusa Eschine di essere rimasto affascinato dalla figura di Filippo fino a definirlo "il più greco degli uomini, abilissimo nel parlare, il miglior amico degli Ateniesi" (Ἑλληνιϰώτατον ἀνθρώπων, δεινότατον λέγειν, ϕιλαθηναιότατον): è evidente che qui Demostene non sta attribuendo ad Eschine l'opinione che "(Philip's) Greek was excellent", come ritiene Trevett (61). Anche C. Cooper si dedica all'immagine di Filippo, della natura del suo potere regale e dei suoi rapporti con sudditi ed entourage restituita da Demostene, in particolare nelle prime due Olintiache, facendo emergere l'adozione da parte dell'oratore di strategie retoriche differenti e la diversa declinazione del tema del kairos, dell'"opportunità" da cogliere (79-96). All'analisi, interessante sul piano strettamente letterario, resta estranea una riflessione, che il materiale considerato avrebbe consentito, sul peso rispettivo, in quei discorsi, degli elementi di cinica propaganda veicolati da Demostene e della reale incomprensione che un 'greco delle città' aveva del funzionamento della Macedonia di Filippo II. Più ampio è lo spettro cronologico coperto dall'analisi che S. Müller riserva all'immagine dei Macedoni e dei loro re nei testi e nei frammenti dei poeti comici attici (125-146), che si allarga al V secolo a partire da un famoso frammento di Ermippo su Perdicca II (F 63 Kassel - Austin): la commedia offre uno specchio deformato ma interessante dell'incomprensione ateniese di aspetti essenziali del funzionamento della corte macedone.
I saggi della terza sezione (The Influence of Persia and the Ancient Near East on Alexander's Court) declinano il tema soprattutto sul versante della tradizione letteraria su Alessandro. È il caso, soprattutto, dell'analisi riservata da E. Baynham al cruciale passo di Arriano (VII 4, 4-8) sulle nozze di Susa (149-168): in questo saggio, che riprende e sviluppa considerazioni di A. B. Bosworth rimaste in parte inedite (cfr. 149), le osservazioni di maggior interesse riguardano le ricadute che l'iniziativa ebbe sulle vicende successive di singoli personaggi che vi furono coinvolti e il criterio di forte selettività con cui l'autore dell'Anabasi indica per nome solo una piccola percentuale degli illustri sposi del 324. I benefici che alcuni tra loro (come Seleuco) ricavarono dalle nozze aiutano a capire anche, forse, gli autentici e pragmatici obiettivi che Alessandro tentò di conseguire con quell'iniziativa. Il saggio di Ph. Bosman sull'incendio del palazzo di Persepoli nel 330 (169-187) offre qualche spunto interessante sulla difficoltà di Alessandro di far coesistere le diverse anime e tradizioni di potere coesistenti nella sua corte: la lunga sosta a Persepoli, appunto nell'inverno del 330, offre un'eccellente occasione per un esame di questo genere. Meno legato al solo esame della tradizione letteraria greca su Alessandro è il saggio di R. Strootman, una sintesi in inglese di due lavori precedenti pubblicati dall'autore "in incomprehensible Dutch" nel 2010 e nel 2013: lo studioso identifica nel desiderio di Alessandro di raggiungere l'oceano, enfatizzato dalle fonti sulla spedizione d'Asia, lo sviluppo coerente di un aspetto dell'ideologia universalistica del potere imperiale che aveva solide radici nelle monarchie del Vicino Oriente (189-207).
La quarta sezione (Raising a Prince in the Macedonian Court: Stories of Alexander's Birth and Education) associa due saggi di taglio alquanto diverso sulla nascita e l'infanzia di Alessandro, a loro volta focalizzati in modo quasi esclusivo sulla tradizione letteraria. Quello di D. Ogden torna sul tema delle tradizioni che associano la filiazione divina di Alessandro a Zeus-Ammon e/o a un serpente: prendendo le distanze da una posizione da lui stesso espressa in passato, lo studioso rinuncia alla difficile reductio ad unum di una tradizione così complessa e stratificata, e ne mostra utilmente tutti i differenti filoni costitutivi (211-231). Chr. Th. Djurslev si concentra invece su come le fonti antiche trattano il tema dell'educazione di Alessandro, evitando i temi più ovvii come quello del rapporto con Aristotele: le riflessioni dello studioso non vanno però molto oltre la presentazione di una serie di passi piuttosto noti (233-251; sul tema più generale dell'afflusso di intellettuali alla corte di Filippo II sono assai più incisive, sebbene molto sintetiche, le considerazioni di F. Pownall nella Introduction, pp. 3-4).
Il volume include un sintetico indice di nomi e cose notevoli. Manca una sezione con lo scioglimento delle abbreviazioni utilizzate, per esempio quelle di sillogi e corpora epigrafici. Con poche eccezioni, deve lamentarsi la tendenza di molti contributi a far riferimento prevalente, spesso esclusivo, alla bibliografia anglofona. Più in generale, i riferimenti bibliografici ruotano prevalentemente all'interno della corrente di studi sulla Macedonia e sul mondo ellenistico che ha dato vita ai convegni cui si accennava in apertura, quasi tutti tenuti negli Stati Uniti: l'interesse per altri filoni di ricerca, perfino quando espressi in inglese, appare molto ridotto. Viceversa, i saggi del volume condividono i meriti della chiarezza espositiva, delle dimensioni contenute, della capacità di affrontare temi circoscritti ma utilissimi a chiarire un complesso di rilevanti problemi storici. Così, il volume presenta un indiscutibile interesse per chiunque si occupi della Macedonia della seconda metà del IV secolo, della creazione del mondo 'internazionale' delle corti ellenistiche, della tensione che in esse continuò a esistere tra una concezione 'domestica' del potere (il regno e la corte come oikos del sovrano) e l'estrema permeabilità di un ambiente in cui qualunque persona dotata di ingegno e ambizione era in grado di farsi strada.
Manuela Mari