Sabine Müller: Alexander, Makedonien und Persien (= Frankfurter Kulturwissenschaftliche Beiträge; Bd. 18), Berlin: trafo 2014, 307 S., ISBN 978-3-86464-059-9, EUR 36,60
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Il volume di Sabine Müller si configura non come un percorso di sintesi ma piuttosto come uno studio originale nel panorama delle pubblicazioni sulla Macedonia antica e Alessandro Magno in particolare. Non una biografia su Alessandro - una delle tante che costellano con frequenza sempre maggiore il panorama editoriale mondiale - ma un percorso rigoroso per specialisti che empiricamente arriva alla presentazione dei fatti basandosi sull'analisi e la critica delle fonti e sulla discussione della sterminata e ormai incontrollabile bibliografia che riguarda la Macedonia e Alessandro Magno.
Il lavoro si articola dieci parti: un'ampia e ben organizzata introduzione (parte I, 11-27); le fonti di informazione principali (parte II, 29-113); le fonti di informazione secondarie (parte III, 115-145); la dinastia degli Argeadi (parte IV, 147-167); l'avvento al potere di Alessandro alla morte di Filippo nel 336 a.C. (parte V, 169-185); la spedizione in Asia (parte VI, 187-246); l'analisi del Papiro di Milano su Alessandro (parte VII, 247-253); le conclusioni (parte VIII, 255-259). A queste otto sezioni l'Autrice unisce in chiusura di volume una dettagliata tabella cronologica (Parte IX, Appendix 1, 261-263); un breve glossario dei termini tecnici più ricorrenti (Parte IX, Appendix 2, 264) e una ricchissima bibliografia divisa in Quelleneditionen e Secundärliteratur (parte X, 265-299). Chiude il volume l'indice dei nomi (301-306).
Nell'introduzione l'Autrice presenta una panoramica dei temi di ricerca maggiormente indagati: da Alessandro uomo e re, alla storiografia che ne ha tramandato l'impresa; dall'organizzazione dell'esercito macedone, ai temi propagandistici coniati e impiegati nel corso della spedizione asiatica ecc. Opportunamente evidenzia sia le strumentalizzazioni di cui nel tempo la figura di Alessandro è stata oggetto - da modello positivo o negativo per gli imperatori romani, a prototipo di tiranno da paragonare a Napoleone e Hitler -; sia l'impossibilità, sulla base della documentazione disponibile, di conoscere a fondo il re macedone; sia infine la necessità di distinguere le fonti primarie da quelle secondarie al fine di separare verità e finzione.
Proprio nella prudenza il volume ha, a mio avviso, il suo elemento di forza. In tanti punti infatti l'Autrice separa quanto la documentazione offre dall'interpretazione moderna e dalle troppe e spesso contrastanti ipotesi di ricerca. Muovendosi con sicurezza nella sterminata e molte volte ripetitiva bibliografia su Alessandro, Sabine Müller organizza il suo studio non come una delle tante - forse troppe - biografie in circolazione create per un mercato editoriale sempre attento ad Alessandro e alla sua impresa, quanto come un ragionamento sui tanti problemi che la figura del Macedone e la sua impresa hanno destato e continuano a destare: problemi paradossalmente ancora irrisolti e per molti versi insolubili considerata la scarsezza della documentazione e la sua eterogeneità.
In due parti separate (II e III) Sabine Müller distingue le fonti primarie da quelle tarde o secondarie pur consapevole della difficoltà di scindere nettamente per importanza le prime dalle seconde dal momento che proprio ad autori tardi come Strabone, Diodoro, Trogo-Giustino, Plutarco, Arriano e Curzio Rufo si deve infatti il recupero dei pochi frammenti di autori contemporanei ad Alessandro come Callistene, Tolomeo, Aristobulo ecc. Di ogni autore e della relativa opera presenta caratteristiche salienti e atteggiamento verso Alessandro. Così se, ad esempio, Callistene leggeva l'impresa di Alessandro nell'ottica di una nuova guerra di Troia recuperando per il re macedone il modello di Achille, Tolomeo faceva di Alessandro e della sua impresa, nella quale anch'egli aveva avuto un ruolo assai rilevante, un mezzo per legittimarsi come re d'Egitto nel corso delle lunghe guerre tra i diadochi; se Aristobulo privilegiava i racconti meravigliosi e i prodighi senza astenersi dal celebrare Alessandro, Nearco legava il suo racconto alle spedizioni esplorative una delle quali egli stesso aveva condotto. Storiografia celebrativa ma anche storiografia di opposizione che, rileva l'Autrice (113), sopita durante il regno di Alessandro, esplose dopo la sua morte creando per il re macedone i modelli negativi del tiranno corrotto e crudele. Più complicata diventa l'analisi delle fonti tarde, ciascuna delle quali - da Diodoro, a Trogo-Giustino, da Plutarco ad Arriano e Curzio Rufo - pur riprendendo i dati da fonti contemporanee o vicine al regno di Alessandro, tuttavia disegnava sulla base di idee e basi culturali proprie un ritratto di Alessandro positivo - Diodoro, Arriano e in parte Plutarco - o negativo - Trogo-Giustino e Curzio Rufo.
Il tema delle fonti occupa oltre metà del volume a conferma della sua centralità (29-145). Alla ricostruzione dell'impresa di Alessandro l'Autrice dedica la restante parte del lavoro (147-259) evidenziando i problemi più spinosi come, ad esempio, la differenza culturale tra Macedoni (per i quali era normale la poligamia) e Greci (disposti ad accettare solo un rapporto monogamo), o l'assenza (almeno fino ad Alessandro) del titolo basileus per il re macedone, che fu sempre un primus inter pares scelto dalla nobiltà in funzione soprattutto di meriti militari. Fu questo elemento infatti che nel 336 a.C. determinò la scelta di Alessandro come successore di Filippo (179).
Il regno di Alessandro, dal suo accesso al trono alla sua morte nel 323 a.C. a Babilonia, è trattato da Sabine Müller con un taglio e da una prospettiva del tutto originali. Non una semplice ricostruzione degli eventi, che l'Autrice semplifica in poche pagine (187-198), ma un'attenta analisi delle varie fasi che portarono Alessandro, sul fronte militare, alla conquista dell'impero persiano, su quello politico, alla radicale trasformazione del suo ruolo da primus inter pares, secondo la tradizione macedone di cui si facevano strenui difensori la famiglia di Parmenione e i suoi sostenitori, a basileus e successore dei Persiani. Un cambiamento, questo, che significò un completo sovvertimento delle gerarchie di potere portando all'eliminazione di Parmenione e di suo figlio Filota nel 330 a.C. e alla scelta di persone fidatissime come Efestione, Tolomeo e Perdicca per posti di comando di assoluto rilievo. Modello di questa nuova organizzazione erano i Persiani e il loro antenato Ciro il Grande.
Nella prospettiva convincentemente presentata da Sabine Müller la spedizione di Alessandro si configura dunque non - o non solo - come l'impresa del singolo conquistatore contro il nemico persiano, ma come una guerra su più fronti: da una parte quello esterno militare e strategico che portò alla vittoria sui Persiani e alla conquista del loro impero; dall'altra quello interno che determinò una 'rivoluzione culturale' nell'organizzazione e nella gestione del potere: una guerra tra vecchio e nuovo che non mancò di lasciare vittime sul campo. Su entrambi i versanti Alessandro dovette usare la spada: per battere Dario III da una parte; per liberarsi di Parmenione e della sua fazione dall'altra e aprirsi così la strada a un nuovo e più forte tipo di potere regale che, paradossalmente, trovava il suo modello proprio nei Persiani appena sconfitti.
Giuseppe Squillace